INTERVISTA SCRITTA DA STEFANO GABURRI SU TRACCIA DI RGP
Finalmente dopo le interviste a BONAVENTURA DI BELLO, CARLO SANTAGOSTINO, GIANCARLO CALZETTA, PAOLO BESSER e DAVIDE CORRADO, è arrivato il turno di STEFANO GABURRI, altro storico redattore di The Games Machine (la rivista videoludica più longeva della storia), dotato programmatore ed inconsapevole (ma ormai non più) protagonista del divertentissimo video redazionale IO SONO GABURRI (Visibile in basso).
Robert Grechi
RGP: Ciao Stefano e benvenuto sulle pagine virtuali di Retrogaming Planet! Cominciamo dalla classiche domande ovvero quando sei nato e come hai scoperto la tua passione per l’informatica ed i videogames in generale?
STEFANO: Comincio ad essere piuttosto attempato: sono del ‘70. Ho fatto in tempo a vedere i juke-box con i dischi a 45 giri, i flippers meccanici (andavano a 50 lire) e altre prelibatezze.
Il gioco elettromeccanico più arcaico che abbia mai visto è probabilmente un “simulatore di guida” nel quale una macchinina fisica si spostava a destra e sinistra lungo un binario metallico (tipo calcetto) mentre la strada intanto gli scorreva sotto… anche quella era fisica, dipinta su una lunga striscia di tessuto che si svolgeva fra due rulli! Descritto oggi, un “gioco elettrico” così sembra incredibile ma ai tempi c’era anche quello (per quanto credo fosse già un residuato: e in effetti vantava una peculiare estetica anni ‘50).
Magari qualche archeologo delle simulazioni di guida potrebbe dirci qualcosa di più…
Per quanto riguarda i videogiochi, ho visto i primi Space Invaders (in bianco e nero o con le fasce di colore applicate al vetro) e ricordo distintamente che una volta, a Cremona, giocai a quello che doveva essere un clone di Space Wars. Era la versione per due giocatori, non quella con il cabinato psichedelico anni ‘70 che poi è stato usato come “prop” nel film Soylent Green…
RGP: La prima macchina sulla quale hai messo le mani?
STEFANO: Da piccolo mi hanno regalato un clone di Pong che, pòrello, non ha avuto molto successo. Poi sono passato con enorme godimento all’INTELLIVISION, che è rimasta la mia prima e unica console per parecchio tempo. Il mio primo vero computer invec e è stato un C64: io avevo chiesto il Vic 20 ma, arrivati in negozio, mio padre (senza sapere nulla di computer) ha fatto il grande gesto!
Ai tempi era uscito da poco e costava pure un sacco di soldi… sarà stata la fine del 1983. Grazie, papà! Ricordo che in “bundle” c’era la cartuccia di Maze Master, ma io mi sono comprato al volo The Hobbit su nastro (tempo di caricamento: 25 minuti: ideale da lanciare prima di pranzo per giocarci dopo).
RGP: Quando hai imparato a programmare e in quale linguaggio?
STEFANO: Con il BASIC del C64, ovviamente! Ho cominciato a scrivere qualche avventura testuale, ma diciamocelo, la maggior parte del tempo giocavo a INTERNATIONAL SOCCER 🙂
Poi ho guardato un pò il Pascal ma il mio primo “grande salto” verso linguaggi moderni è stato all’università con il C che in seguito ho anche insegnato per parecchi anni. Ho tenuto il C64 finché non sono passato direttamente a un 386sx con 2 grassi MB di RAM. Quanto mi scherzavano gli amighisti…
Adesso non programmo più; l’ultimo linguaggio che ho guardato con un certo approfondimento è Python (molto divertente). Se mai ci rimetterò le mani, credo sarà con linguaggi dedicati all’ orientamento musicale: SuperCollider, MAX, Pure Data sono forse i tre più diffusi.
RGP: Ci racconti per sommi capi come è stata la tua “infanzia videoludica”? Classico nerd chiuso in camera a programmare o giocatore appassionato ma con altri interessi?
STEFANO: In effetti di interessi non ne avevo molti, anche se giocavo con tutti i compagni di scuola (grandi tornei di International Soccer e Kick Off!), per cui anche l’aspetto sociale era relativamente sviluppato.
Da solo ho sempre giocato molto alle avventure testuali (ora le chiamano “interactive fiction”), ma ovviamente ho provato un pò di tutto. In seguito (molto dopo, però) ho anche sviluppato la prima parte di un’avventura testuale (usando il linguaggio dedicato Inform), ma non sono mai arrivato a completarla. Se volete vi regalo in codice e la sviluppate insieme…
in realtà è concepita per essere aperta e indefinitamente espandibile, anche se poi ruota tutto intorno a un unico, grande puzzle (che non sono mai arrivato a implementare).
Di interessi ovviamente ne ho avuti tanti altri, tra i quali la musica, ma per me “infanzia del videogioco” significa C64 e compagni delle medie 🙂
RGP: Immagino quindi tu abbia seguito un percorso di studi specifico, giusto?
STEFANO: Oddio gli studi! Cercherò di essere breve…
Dopo il liceo classico ho studiato Ingegneria Informatica al Politecnico di Milano con il vecchio ordinamento (quello quinquennale), poi ho cominciato a insegnare da assistente durante il dottorato (in area intelligenza artificiale).
Tre anni dopo ho abbandonato ingloriosamente il percorso accademico ma, non contento, mi sono iscritto a Scienze storiche in Statale col nuovo ordinamento (era appena partito il 3+2) per disintossicarmi. Per qualche anno ho insegnato programmazione alle matricole di ingegneria (a quel punto ero titolare del corso a contratto) mentre ero IO matricola in Statale e mi sollazzavo con esami tipo Epigrafia greca, Letteratura Provenzale e Storia economica e sociale del medioevo. Poi non mi hanno rinnovato il contratto e sono finito fuori dal Polimi e anche dalla Statale (senza arrivare a laurearmi pur avendo dato un bel pò di esami!).
Adesso sono passati tanti anni, ma il vizio è rimasto: sto per iscrivermi a una scuola musicale, la Civica di Milano, che è stata appena assimilata dal ministero a un corso di laurea 3+2, quindi… ci ricasco! Tanto per la cronaca, suono diversi strumenti ad ancia (clarinetto e sassofoni), oltre a interessarmi di musica elettronica.
RGP: Eri un assiduo lettore delle riviste videoludiche dell’epoca (Zzap!, TGM e molte altre)?
STEFANO: Ai tempi di Zzap! non ero un cultore della rivista (ma dei giochi sì…). Ho cominciato a leggere assiduamente riviste ai tempi di TGM, diciamo dal 1992 o giù di lì. TGM lo compravo sempre e leggevo religiosamente da cima a fondo; ogni tanto guardavo anche la “concorrenza”, ma mai con la stessa cura e attenzione.
RGP: Tutti ti conosciamo infatti come ex redattore di TGM e “inconsapevole” protagonista del famoso video “io Sono Gaburri”! Ci racconti come è avvenuto il tuo ingresso nella redazione Xenia e qualche aneddoto su questo storico video?
STEFANO: Per quanto riguarda l’ingresso, è stato casuale ma non troppo: era il momento della prima esplosione del 3D accelerato (i tempi della Voodoo 1 3Dfx), io stavo facendo un master annuale di ingegneria del software post-laurea (eh sì, non mi sono fatto mancare neppure quello…) e ovviamente passavo il tempo a navigare sulla rete, leggendo preview di Hexen II e chiedendomi chi me l’aveva fatto fare.
Su TGM era uscito un articolo, nelle voci di corridoio, sulla prima scheda 3D di Creative, che montava il mitico chip Rendition Vérité (che schifezza che era). Siccome c’era qualche imperfezione, ho scritto al Silvestri che mi ha prontamente risposto “Eh vabbè bella zio, scrivilo tu l’articolo”. E così per qualche mese ho scritto articoli di taglio tecnico nelle voci, che poi sono diventati il TecnoTGM mensile a doppia pagina.
A quel punto ho cominciato a fare il resto delle voci di corridoio, qualcosa per il CD allegato, e ben presto preview e recensioni (la prima: il mitico Blood, quello che usava il motore di Duke Nukem 3D).
Il video invece è opera infausta dell’Auletta (Marco) che ha acceso una delle prime webcam mentre ordinavo al bar: eravamo in chiusura numero ed ero stato in redazione un sacco di ore, il mio tono distaccato è dovuto in parte all’ipoglicemia galoppante! Naturalmente non sapevo affatto di essere registrato e, a dire il vero, non ho scoperto nulla fino a DOPO la pubblicazione.
Immaginate se una rivista adesso facesse una cosa del genere… avrei potuto chiedere il ritiro dell’intera tiratura! E sarebbe stato anche quello un scherzetto divertente 😀
RGP: Immagino tu sappia bene che il video è ancora cliccatissimo su YouTube vero? Avresti mai immaginato un simile “successo”?
STEFANO: Come ho detto, al momento della registrazione non ne sapevo proprio niente (anche se molta gente rifiuta tuttora di crederci). Del successo mi sono reso conto negli anni successivi, perché molti dei miei studenti universitari erano fatalmente lettori e non hanno mancato di tenermi aggiornato sui vari remix, rap e rielaborazioni successive! È stato divertente, non c’è che dire. Talvolta dopo la pausa pranzo trovavo il fondale del desktop del PC principale (quello collegato al proiettore dell’aula) cambiato col “Gaburri in redazione” 🙂
RGP: I lettori più “anziani” (tra i quali il sottoscritto) saranno curiosi di sapere come si svolgeva Una classica giornata in Xenia… curiosità ed aneddoti della tua carriera di redattore?
STEFANO: Io non sono mai stato redattore “fisso”, nel senso di presente sempre in redazione: quelli in fondo erano pochi, quelli che tutti conoscono e che si vedono anche nei colophon dell’epoca oveero Max Reynaud, SS (Stefano Silvestri), MARCO AULETTA, TMB (Mirko Marangon) e RAFFAELE SOGNI.
Poi c’era un livello intermedio di collaboratori formalmente esterni, ma comunque abbastanza presenti, a cui capitava spesso di passare per giocare o – sporadicamente – lavorare. Io da un lato avevo l’università che mi impegnava, dall’altro abitavo vicino a via Carducci, perciò mi è capitato di stare delle notti a finire pezzi qua e là e tappare buchi in chiusura di numero.
Ricordo una nottata eroica durante la quale ho scritto tipo 8 pagine di fila, con un’intervista a John Romero sull’imminente Daikatana, la primissima preview di Duke Nukem Forever (doveva usare ancora il motore di Quake…) e tanto altro.
NOTA:
Se desiderate leggere l’intervista realizzata da Retrogaming Planet a JOHN ROMERO, cliccate QUI.
Un’altra volta era appena uscito Blade Runner della Westwood e il Silvestri aveva cocciutamente rifiutato di copiarlo per i redattori perché c’era una NDA abbastanza stringente. Con me aveva fatto eccezione chiedendomi di non “pubblicizzare” troppo la cosa fra i colleghi…
Io non l’ho avvertito che non sono mai stato bravo coi segreti: per farla breve, sono stato ancora una mezz’ora in redazione e poi ho salutato tutti dicendo: “Vabbè vo a casa, sapete com’è, devo giocare a Blade Runner!“…
L’SS era un caporedattore bravissimo, con lui non ho mai avuto problemi (anzi, eravamo buoni amici), ma nonostante questo, accadde un episodio “singolare”: ricordo che quando pensavo di coinvolgere il Todeschini in Xenia, il Silvestri mi aveva raccomandato di far passare tutto da lui, cosa peraltro ovvia dato che non mi sarei certo sognato di assegnare di mia iniziativa a esterni voci di corridoio o altro (la mia posizione aziendale è sempre stata rigorosamente di responsabilità e carisma nulli, com’è peraltro ancora oggi nelle traduzioni).
D’altro canto, non ero certo che Claudio (anche lui preso, come me, da sbattimenti universitari ingegneristici) avesse tempo e voglia di cimentarsi, per cui l’ho comunque chiamato per chiedergli conferma della sua disponibilità: se non avesse avuto tempo, infatti, sarebbe stato inutile fare la prova… SS mi ha sentito telefonare e, sentendosi “scavalcato”, se l’è presa a morte! 🙂
Non sono mai riuscito a convincerlo che, invece, stavo cercando di non fargli perdere tempo inutilmente.
Parlando di Claudio, lui è uno che ha vissuto coerentemente la propria vita lavorativa: il giorno dopo essersi laureato in ingegneria ha rimosso TUTTO e si è dedicato al giornalismo ludico. Oggi è capace di dirti: “Scusa ma questo cosa vuol dire? Che differenza c’è tra un compilatore o di un depilatore?“. A parte gli scherzi, insiste nel professare ignoranza tecnica sempre e comunque, anche se magari si sta parlando di un argomento su cui ha dato tre esami. Non so se scherza o se ha veramente riformattato quegli anni, ma certo ci ha messo meno tempo di me a capire che quella strada non faceva per lui!
E infatti, pur tra mille problemi, è ancora in pista, indomito nocchiero della nave di The Games Machine…
RGP: Per quale motivo, in seguito, hai abbandonato la carriera giornalistica e di cosa ti sei occupato successivamente?
STEFANO: Come per l’insegnamento universitario, potrei dire che è stata Lei ad abbandonare me 🙂
Seriamente, con la diffusione della rete l’importanza (e la tiratura) delle riviste cartacee era destinata fatalmente a un costante declino. Il numero di collaboratori è andato sempre diminuendo e io, da parte mia, ho sentito per tanti anni la necessità malsana di dare un senso retroattivo ai tanti anni di studi (un disperato dibattersi al quale solo di recente ho posto fine, con grande miglioramento della mia qualità di vita).
Ho provato un paio di volte la dimensione aziendale, che non fa decisamente per me; ho romanticamente tentato la via editoriale, un’impresa destinata fatalmente al fallimento economico; ora lavoro “a parola” e dedico più tempo possibile alla musica.
RGP: Hai nostalgia della vita redazionale o dell’atmosfera che si respirava in quagli anni?
STEFANO: Sicuramente è stato un gran divertimento, ma sai com’è, è un pò come avere nostalgia della giovinezza tout court…Sarebbe come dire che mi manca, dopo la scuola, andare ai giardini a giocare a pallone con i compagni.
Fra l’altro ora traduco videogiochi, e il capo supremo è sempre Max Reynaud, il mio superiore diretto Andrea Della Calce (Il MAO di TGM); per cui si può dire che una parte di quella mitica redazione si è trasferita, in altri ambiti e con altre modalità professionali, al mio lavoro odierno.
RGP: Parlaci un pò della tua attività di traduttore di videogames e dell’opera Vintage Games realizzata in collaborazione con Claudio Todeschini (altra firma storica di TGM)…
STEFANO: Vintage Games è un bel librino. Ne consiglio vivamente la lettura! Purtroppo la scelta di produrre un libro cartaceo, proprio quando stava per esplodere l’editoria elettronica, non è stata felicissima (sì lo so, in Italia non è ancora esplosa, ma non divaghiamo).
Di fatto, non siamo rientrati dei costi sostenuti per acquistare i diritti e soprattutto per la stampa. Probabilmente oggi si potrebbe dire che un’app per iOS/Android a pochi euro avrebbe avuto più fortuna, ma non abbiamo i diritti e francamente – parlo personalmente – sono un pò stanco per rimettermi a lavorare in un ambito che mi ha dato certamente qualche soddisfazione ma anche tante delusioni.
Per quanto riguarda la traduzione di videogiochi invece , da qualche anno è di fatto la mia occupazione principale. È faticoso lavorare nei weekend, di notte e magari a Ferragosto o capodanno, ma d’altro canto mi posso organizzare (lavoro esclusivamente a casa) e talvolta mi diverto abbastanza.
Ho fatto praticamente da solo tutto Civilization V con le sue espansioni, L.A. Noire, The Darkness II, buona parte di GTA V… e moltissimi altri. Adesso sto finendo il nuovo Civ ambientato nello spazio,Beyond Earth.
Devo ringraziare anche il fatto di avere il Mao come supervisore: siamo amici, ci capiamo al volo e lavoriamo ottimamente insieme.
RGP: Chi fosse interessato all’acquisto del libro dove si può rivolgere?
STEFANO: Direi che la cosa migliore è contattare il Todeschini (Claudio) che dovrebbe averne ancora tante copie nel box. Il distributore di fatto non esiste più e mi sa che anche il sito Web fra poco andrà giù… perciò affrettatevi, presto sarà una rarità!
RGP: Seguiremo il tuo consiglio allora! Ci indichi qualche titolo che hai tradotto in prima persona?
STEFANO: Dei videogiochi ho giàdetto, di libri ne ho fatti tantissimi di informatica: in effetti è così che ho cominciato a tradurre, durante il dottorato, ma di questi vi risparmio i titoli. Poi sono passato alla narrativa impegnata con Multiplayer.it, per il quale ho tradotto molti romanzi di Halo, il primo di Mass Effect e molto altro, spesso in coppia col Todeschini.
RGP: Cosa pensi della situazione attuale del mondo editoriale videoludico e delle costante e progressiva chiusura di numerose testate storiche?
STEFANO: Beh, qualcosa ho già detto: il declino è naturale, e non solo per il settore prettamente ludico (leggo che moltissime edicole chiuderanno nei prossimi anni; proprio in questi giorni poi ha chiuso un quotidiano storico come l’Unità). Il problema non è solo che gli utenti passano online, ma che nel passaggio si abituano a non pagare nulla, e questo si ripercuote anche all’esterno della rete.
Oggi un giovane che cresce con Spotify non concepisce quasi più l’idea di comprarsi un disco, come fai a vendergli una rivista? D’altra parte qualcuno dovrà pur continuare a produrre contenuti (nel nostro caso, recensioni e preview), e nel far questo dovrà pur vivere, perciò dovremo trovare un qualche modo di far quadrare i conti.
Su questo però non mi pronuncio, dato che sinceramente non ho proprio idea di come evolverà l’industria.
RGP: E per quanto riguarda invece la nascita di musei/siti/blog relativi al retrogaming? Pensi siano progetti interessanti o comunque fini a se stessi e senza una vera utilità?
STEFANO: Si può essere molto interessanti anche essendo fini a se stessi, non credi? Io ad esempio adoro le avventure testuali e guardo sempre il museo INFOCOM.
Ora, qual è l’utilità di un sito simile? Sicuramente è un riferimento per me e moltissimi altri appassionati che si possono lustrare gli occhi con le fotografie e magari recuperare materiale utile per rigiocare titoli che, fortunatamente, oggi sono ancora tutti disponibili (potenza dell’implementazione testuale!).
E vuoi vedere che magari arriva anche qualche giovane e si appassiona?
Allargando il discorso al retrogaming in generale, i vari siti-museo possono sembrare sì un’operazione puramente nostalgica ma a mio parere dovrebbero essere fieri di fregiarsi proprio dell’appellativo di “museo”: i contenuti appartengono al passato, certo, ma vogliamo forse dimenticarlo? Lo stesso abandonware era considerato quasi warez, ma è grazie ad esso che molti titoli sono sopravvissuti, è stato sviluppato DOSBox ed oggi può esistere un sito fantastico come GOG che ripropone legalmente i grandi classici.
RGP: Di cosa ti occupi attualmente?
STEFANO: Dal punto di vista professionale, come dicevo, mi sono “assestato” come traduttore di videogiochi. Avendo intenzione di riprendere seriamente lo studio della musica, il mio progetto semmai è di lavorare un pò meno e di tagliare i costi (non ho la macchina, non vado in vacanza… in pratica vivo come un asceta!).
La mia vera ricchezza è il tempo libero, e di fatto vedo che tutti mi invidiano per questo (anche se poi pensano che ne abbia molto di più di quanto sia, in effetti!)
RGP: Hai “in cantiere” qualche progetto in fase di realizzazione?
STEFANO: Dal punto di vista ludico, non mi spiacerebbe riprendere l’avventura testuale, ma non credo lo farò mai. Un’altra cosa che avrei voluto sviluppare era un motore generico per la creazione di tattici a turni sul modello di Fire Emblem: avevo una mezza idea di sviluppare un prototipo con la tecnologia di Dungeon Crawl Stone Soup, con la possibilità poi di cambiare interfaccia (magari utilizzando un motore 3D gratuito).
Tutto questo però richiede tempo, e quindi dovrà aspettare almeno che finisca il triennio alla scuola di musica!
RGP: Un’ultima domanda: quale consiglio daresti ad un giovane che volesse intraprendere la carriera del programmatore e con quale linguaggio suggerisci di cominciare?
STEFANO: Dipende tutto da cosa si vuole fare. Il primo consiglio è divertirsi: non sforzatevi di fare tutto in C per “professionalizzarvi” se potete ottenere gli stessi risultati (o diversi ma ugualmente interessanti) in Python o Javascript.
Il vostro primo biglietto da visita sarà il codice sviluppato, perciò è molto meglio un prodotto finito in Pygame (un ambiente per lo sviluppo di giochi in Python) o Unity piuttosto che una serie di frammenti o progetti interrotti in C. Anche un’app conclusa e funzionante è preferibile ad un mega-progettone abbandonato al 90% (perché, appunto, il 10% finale è la parte più difficile…). Prendete un progetto vivo e con una buona comunità e cominciate a contribuire a quello: se vi piacciono i roguelike, ad esempio Dungeon Crawl ha una comunità fantastica. Prendete una cosa che vi piace e imparate a fare bene quella.
Alla fine, il mio ultimo consiglio è uguale al primo: DIVERTITEVI!!
RGP: A questo punto vorrei ringraziare Stefano per la disponibilità e simpatia e per averci fatto vivere “l’atmosfera redazionale” attraverso le sue parole (per molti di noi si tratta in effetti di “rivivere” quei tempi, avendoli vissuti in prima persona attraverso gli storici articoli di Zzap! e TGM).
STEFANO: Tutto sommato alla fine abbiamo perlopiù parlato di tutt’altro, ma è stato parecchio divertente!
Grazie a te e scusa se quest’intervista si è fatta attendere tanto.
@ Lettori: So che Robert aveva preannunciato questa intervista da tempo, ma è tutta colpa mia! Sono pigrissimo!
Ciaooo!