INTERVISTA SCRITTA DA MARCO AULETTA SU TRACCIA DI ROBERT GRECHI
Oggi Retrogaming Planet vi propone l’intervista ad un personaggio noto soprattutto a coloro che, negli anni ’80 e ’90, attendevano con ansia la pubblicazione mensile di Zzap! prima e The Games Machine dopo. Con questo ulteriore contributo, continuiamo il nostro progetto di “ricostituzione virtuale” delle redazioni editoriali videoludiche che hanno scritto la storia dell’editoria italiana!
Robert “RGP” Grechi
RGP: Ciao Marco e benvenuto su Retrogaming Planet!
Innanzitutto ti ringrazio per aver accettato di realizzare questa intervista nonostante i numerosi impegni professionali.
MA: Sono io a ringraziare te, perché mi dai l’occasione per parlare dei miei due argomenti preferiti: i videogiochi e me stesso. Tra l’altro, scusa per averti risposto con un simile ritardo… Del resto le vecchie abitudini sono dure a morire, i pezzi non si consegnavano mai in tempo, e allora…
RGP: Nessun problema ci mancherebbe, sarebbe stato anomalo il contrario, non credi…?
In ogni caso, da ragazzo eri un assiduo frequentatore di sale giochi o preferivi giocare comodamente a casa tua con console e Amiga/PC (sebbene all’epoca le macchine casalinghe non disponessero di specifiche tecniche tali da offrire conversioni Arcade Perfect, come avviene invece con le console attuali)?
MA: Assiduo frequentatore proprio no. C’erano un paio di sale giochi che frequentavo occasionalmente, ma il mio rapporto con i coin-op nasce innanzitutto nei bar del quartiere dove abitavo. Ricordo tre posti, dal frequentabile al malfamato, che avevano una bella rotazione di giochi e mi è capitato di vederne parecchi con poco sforzo.
Una media di tre coin-op cambiati ogni tre o quattro mesi, più le puntate alla sala giochi alle VARESINE o all’ASTRA GAMES (la mia recensione sull’Astra Games è disponibile cliccando QUI.) a Milano. Però avevo il braccino corto e non giocavo moltissimo, i coin-op mi mettevano in soggezione: la pressione delle tre vite a pagamento mi sembrava insopportabile e molte partite duravano troppo poco per la spesa. In seguito passai il primo anno di liceo in sala giochi (convenientemente piazzata davanti alla scuola), cosa che mi costò l’anno ma che aiutò molto la mia cultura in materia di videogiochi (bisogna sempre vedere il bicchiere mezzo pieno…).
RGP: Ti senti affezionato a qualche gioco o macchina in modo particolare?
MA: Se escludiamo le manie e le fissazioni contemporanee (più e più volte sono caduto nei tombini dei ‘Souls’ di From Software), ho sicuramente un grandissimo affetto per il C64, il mio primo computer, e per il NES, la prima “vera” console che però non ho mai posseduto. Ne ho trovato uno in fondo a un armadio quando ho iniziato a lavorare per Zzap! (mi raccomando… Si scrive con il punto esclamativo!) ed è stato subito amore a prima vista. La prima sera mi sono portato a casa il NES, Super Mario Bros, RC Pro Am, The Legend of Zelda, Metroid, Kid Icarus e Pro Wrestling. Non avevo nemmeno avuto la possibilità di accenderlo in ufficio, ho trovato la scatola e i giochi e ho chiesto il permesso di portarlo a casa per provare: “Fai pure”.
Non sapevo cosa mi stava aspettando! Per C64 invece sono legato a una valanga di titoli, quello che mi accende sempre la fantasia è sicuramente H.E.R.O. (e non ho mai nemmeno visto la versione VCS!), mentre per quanto riguarda i titoli più “moderni” diciamo che i giochi usciti a cavallo tra l’87 e l’88 sono tutti nel mio cuore (Bubble Bobble, Maniac Mansion, Star Paws, Mega Apocalypse! Troppi per elencarli tutti quanti).
RGP: Sei capace di programmare e, se sì, in quale linguaggio?
MA: A non so più quale anno della scuola media abbiamo avuto due o tre lezioni di “computer” e lì ho sfoggiato tutta la mia competenza nell’ADA, competenza che avevo preparato in anticipo leggendo un libro in biblioteca. Sono partito bene ma mi sono fermato subito. Successivamente mi sono limitato a dettare a mio fratello i listati presi da libri e riviste, ma non sono mai stato molto preciso e non funzionava quasi mai niente (lo sprite della mongolfiera Commodore però lo abbiamo fatto volare…).
Possiamo riassumere la risposta con un “No”.
RGP: Immagino che la prima rivista videoludica da te acquistata sia stata sicuramente Zzap!, giusto?
MA: La prima acquistata sì, la prima letta no. Il mio primo connubio tra videogiochi e carta stampata risale a un vecchio album di figurine della Edis, “Tutto computer con Lupo Alberto”, che aveva una sezione dedicata ai videogiochi. Oh, nel 1985 io cercavo la figurina di Impossible Mission, non quella di Bergomi. Darei un braccio solo per trovare le scansioni dell’album.
Per le pubblicazioni più tradizionali, ricordo che trovai un numero di Videogiochi a casa di un amico e soprattutto iniziai a leggere MCMicrocomputer in biblioteca (ho sempre letto moltissimo, e la biblioteca era un modo economico per gestire la mia voracità). La rubrica di FRANCESCO CARLA’ parlava di giochi in una maniera molto diversa da quella che poi scoprimmo tutti pochi anni dopo con Zzap!, ma era sempre ricca di informazioni utili e riflessioni non banali. Prima di scoprire Playworld per me i videogiochi avevano spesso titoli italiani: Treni, Trivella, Casa dolce casa, Agente speciale… Imbattermi in un mondo fatto di giochi che dovevano ancora uscire (Pazzesco! Con tutti quelli che erano in circolazione, altri videogiochi?), programmatori di professione, case di produzione. Fu una rivelazione.
Più tardi, in prima superiore, un mio compagno di classe tirò fuori dallo zaino il numero 15 di Zzap! e mi cambiò la vita!
RGP: Tutti noi provavamo una grande emozione nello sfogliare il nuovo numero della nostra rivista preferita…Tu avresti mai pensato un giorno di diventarne una delle colonne portanti?
MA: Ho un approccio abbastanza ossessivo nei confronti dei miei interessi, per cui appassionarmi a Zzap! e volerne fare parte fu un tutt’uno. Acquistavo diligentemente la rivista ogni mese e la mandavo a mente a forza di leggerla e rileggerla; sono arrivato a fotocopiare le faccine dei redattori e attaccarle al diario, come un incrocio tra le lettrici di Cioè e uno stalker. Diciamo che sì, ci avevo pensato.
RGP: Ci racconti per quale motivo hai deciso di tentare la carriera giornalistico-videoludica e come è avvenuto il tuo ingresso in redazione?
MA: Non ho esattamente tentato una carriera. Il mio orizzonte era abbastanza limitato, volevo semplicemente fare parte di Zzap!. Il caso ha fatto il resto: nel giugno dell’88 andai a cercare l’ufficio in cui veniva realizzata la rivista. Volevo vedere cosa c’era, non so nemmeno cosa mi immaginassi. L’indirizzo sulla rivista era quello del commercialista, ma io non lo sapevo: mi trascinai fino in centro a Milano in una giornata particolarmente calda solo per scoprire che la redazione vera e propria si trovava a 50 metri da casa, in una zona industrial-periferica assolutamente insospettabile.
Il giorno dopo ero lì a suonare il citofono e conobbi BONAVENTURA DI BELLO, allora impegnato nelle prime fasi di lavorazione della futura The Games Machine. Ci mettemmo a parlare di videogiochi e a forza di insistere qualche giorno più tardi lo convinsi a farmi scrivere un articolo di prova. Mi rifilò una copia di Warlock’s Quest per C64 e mi chiese una recensione che non venne mai pubblicata (per fortuna!) ma che evidentemente non lo scoraggiò del tutto.
RGP: Una giornata-tipo redazionale e qualche simpatico aneddoto o racconto che vuoi condividere con i lettori di Retrogaming Planet…
MA: C’erano sostanzialmente tre versioni della giornata tipo: la settimana successiva all’uscita della rivista era quella in cui non si faceva quasi nulla. Mandare la rivista in stampa è sempre stato un procedimento improntato al caos e finivamo per “mandare via tutto” all’ultimo secondo, per cui i giorni successivi erano dedicati al relax totale. Ci presentavamo in ufficio tardissimo, spesso passavamo le giornate a giocare senza preoccuparci di nulla. Passata una settimana così si cominciava la lavorazione, radunando le idee e i titoli, contattando PR e case di produzione e via dicendo, ma molto alla leggera. Mano a mano che si avvicinava la data di chiusura aumentava la frenesia, fino ad arrivare alla settimana finale di paura e delirio, nella quale tentavamo la quadratura del cerchio, in un ciclo eterno degno della storia della cicala e della formica.
Nella settimana di chiusura capitava di tutto, gente che dormiva in ufficio sdraiata sulle sedie, maratone sullo stesso gioco per arrivare alla fine (il mio record personale l’ho registrato su Final Fantasy IX, completato in tre sessioni notturne di otto ore ciascuna), scene di abbruttimento diffuso. Gli aneddoti buffi sono quasi tutti finiti sulle pagine delle riviste, in questo senso non ci siamo mai posti il problema di nascondere quanto poco fossimo professionali, anzi. Forse è stata una delle ragioni del nostro “successo”: se ce l’abbiamo fatta noi ce la può fare chiunque, la gente si immedesimava.
La mia storia preferita comunque rimane legata a Micro Machines V3 su PlayStation, che era diventato un tormentone per tutto l’ufficio: una notte eravamo rimasti in sette in redazione e ci siamo detti “Ci manca l’ottavo”. Siamo usciti e siamo andati sotto casa di Stefano Silvestri (allora caporedattore di TGM, oggi boss di EUROGAMER.IT) e ci siamo attaccati al citofono e a chiamarlo a gran voce in mezzo alla strada (non avevamo nemmeno la scusa dell’ubriachezza). Stefano si affaccia, tergiversa, si affaccia anche la sua ragazza, si sveglia la nonna che minaccia di chiamare i carabinieri. Lui ci guarda in silenzio, guarda in casa, guarda di nuovo noi e dopo una pausa fa: “Datemi dieci minuti”.
E siamo tornati a giocare tutti assieme in ufficio.
RGP: Questa è spettacolare, non c’è che dire! Durante la tua carriera hai assistito a molti cambiamenti: la morte di Zzap!, l’avvento dei giochi su CD-ROM, la dipartita di Commodore, la nascita di riviste e recensioni online e la conseguente “agonia” dell’editoria classica su carta…In ordine assolutamente casuale ci puoi, dire, per ognuno di questi eventi, quali sono state le conseguenze di essi sulla tua carriera lavorativa e/o cosa è cambiato nel tuo modo di “vivere” i videogames e le macchine da gioco?
MA: La morte di Zzap! per quel che mi riguarda è avvenuta in mia assenza: tra il 1991 e il 1992 sono andato a lavorare per C+VG, un’esperienza professionalmente utile ma che con il senno di poi non avrei fatto. Lavorare per la Jackson non è stato bellissimo e dopo un annetto sono tornato all’ovile.
In quell’anno mi sono disinteressato definitivamente del C64 e mi sono concentrato sulle console Megadrive, PC Engine, Super NES. Quel che succedeva al C64, ai suoi giochi, alle riviste, non mi interessava più. L’introduzione dei CD ROM…Se limitiamo il discorso ai PC, mi sembra che all’inizio sia stata un’occasione per introdurre nei giochi tutta una serie di cose di cui non sentivo il bisogno, con titoli come The 7th Guest, Rebel Assault, Phantasmagoria. Non erano nemmeno dei giochi veri, per me.
Mi piacevano Super Mario World e Street Fighter II; il full motion video e le colonne sonore suonate “con gli strumenti veri” non mi facevano alcun effetto. I tizi che mi procuravano i giochi per console continuavano a descrivermi estasiati come il tal gioco per PC Engine su CD ROM avesse l’introduzione a cartoni animati ma io riuscivo solo a vedere il gioco brutto dopo la sequenza dei titoli. E ricordo benissimo che in ufficio c’era chi impazziva per Earnest Evans, un titolo assolutamente insulso che però occupava un CD intero e sfruttava i componenti aggiuntivi del Mega CD per far ruotare tutto, anche il superfluo.
Ovviamente in seguito i CD ROM hanno ampiamente giustificato la loro esistenza, ma all’inizio…
Per finire, l’agonia delle riviste. Abbiamo tutti fatto finta di niente, anche se era chiaro che sarebbe successo quello che è successo. Le riviste di videogiochi lavorano (lavoravano) soprattutto sull’attualità in un campo ad alta tecnologia, due elementi di un problema che può essere risolto da una parola sola: Internet.
Non puoi più sperare di “fare attualità” con articoli preparati due settimane prima della pubblicazione (nei casi migliori) ed essere competitivo con un mezzo che si può aggiornare in qualsiasi momento. All’epoca qualcuno diceva che “solo i più smanettoni” leggevano le cose su internet, ma a che pubblico ci stavamo rivolgendo noi se non a quegli smanettoni? TGM Online è stato il timido tentativo di rimanere al passo coi tempi ma con il senno di poi (sempre lui) avremmo dovuto fare molto di più.
All’epoca si discuteva se mettere online o meno le recensioni, se farci concorrenza da soli. Avevamo un po’ la testa sotto la sabbia…
RGP: Sappiamo che dopo l’abbandono di TGM ti sei occupato della gestione di altre riviste…Cosa puoi dirci in merito?
MA: Quando la Future ha acquistato Xenia e Consolemania ha tirato le cuoia sono passato a gestire Nintendo Magazine, ma non sono mai stato un fan “vero” di Nintendo. Mi piacevano (e mi piacciono) i loro giochi, mi sono ripromesso che qualsiasi cosa succeda giocherò per sempre tutti i Mario e tutti gli Zelda ma quella faccenda della Nintendo Difference mi ha sempre fatto saltare la mosca al naso! È sempre stato difficoltoso interfacciarsi con Nintendo: per esempio quando è uscito il Wii abbiamo dovuto pregare in ginocchio per riuscire a organizzare una sessione da mezza giornata per poterla vedere nella settimana del lancio. Ed eravamo la rivista ufficiale! Ottenere i giochi era un’impresa e ancora più arduo era ottenere i materiali realizzati per la promozione (immagini in alta risoluzione e così via).
Questa faccenda è durata a lungo e l’avevo già vissuta a Consolemania ma passando a lavorare per una rivista che si chiamava Nintendo la Rivista Ufficiale credevo sarebbe stato diverso. Per fortuna che alla fine alla Nintendo è arrivato a gestire i rapporti con la stampa una persona eccezionale, Marco Cittadini (che non leggerà mai questa intervista ma va bene lo stesso)(Chi dice che non la leggerà? Tutto è possibile…NdRGP) e le cose sono cambiate.
In ogni caso, tutta questa bellezza Nintendo a tutti i costi non l’ho mai vista, per cui sfornare ogni mese rubriche come Io amo Nintendo è stata molto dura.
Lavorare in Future però era molto bello, comunque. Quando poi Future è stata acquistata da Sprea ho cambiato lavoro e oggi mi occupo di localizzazioni. Visti “dall’altra parte” i videogiochi sono proprio tutta un’altra cosa!
RGP: Credi che l’editoria videoludica classica sia definitivamente morta o potrebbe risollevarsi magari cambiando le modalità di gestione dei contenuti o altro?
MA: Se intendiamo le riviste con le recensioni e le anteprime, se non è morta è allo stadio terminale. Secondo me però l’”editoria videoludica” è viva e vegeta. Le poche riviste rimaste arrancano ma le persone che parlano di videogiochi e si entusiasmano ci sono sempre. Le trovi nei blog, nei siti professionali, nei subreddit, sui forum. Non è necessario che si pubblichi una rivista mensile, anche se quando capita e funziona è una cosa molto bella.
E per fortuna c’è RetroGamer.
RGP: Solo versione ingelese però…(purtroppo)! Cosa pensi del mondo videoludico attuale e cosa ti manca dei tempi di TGM?
MA: Ho un approccio semplicistico: mi piacciono i videogiochi e mi piace che se ne parli. Quando sento persone che parlano di videogiochi in contesti insospettabili sono sempre contento, perché è un segno che non è più una passione di nicchia come qualche decina d’anni fa; i videogiochi sono stati finalmente sdoganati e non siamo più in quella fase in cui “i giochi ti fanno diventare scemo”. Certo, la maggior parte delle persone magari si ferma a Call of Duty e FIFA e non ha mai sentito parlare di Zak McKracken, ma va bene così. Non tutte le persone che vanno al cinema hanno visto Metropolis o conoscono Elio Petri, per usare un esempio meno antico.
RGP: Di cosa ti occupi attualmente?
MA: Mi occupo di localizzazione (traduzione di videogiochi, insomma) dal 2007. Vedere i giochi che nascono e prendono forma è molto interessante e ti fornisce molte risposte sui “casi misteriosi”. Esclusive, ritardi, modifiche, tutti quegli episodi sui quali si sprecano fiumi di parole su blog e forum.
Viene proprio da dire “Se solo sapessero!”. Il mio lato da “giornalista” (le virgolette non saranno mai abbastanza per questo termine) è sempre molto solleticato da questi aspetti. E poi conoscere con larghissimo anticipo i piani delle case produttrici soddisfa sempre la mia curiosità…
RGP: Un tuo parere in merito ai vari musei e siti/blog dedicati al retrogaming che, ultimamente, stanno nascendo in Italia?
MA: L’idea che ci si interessi alla storia dei videogiochi è fantastica e l’entusiasmo dimostrato dai più giovani nei confronti di giochi che oggi potrebbero essere considerati impresentabili (e che non lo sono) è commovente. Vuol dire che all’epoca noi non giocavamo a California Games solo perché non c’era altro ma perché era effettivamente divertente (io non ho mai dubitato di questa cosa!NdRGP): è come se convalidassero le nostre esperienze passate.
Il retrogaming in sé mi piace ma non se è solo un’operazione nostalgica, se è solo “i giochi della mia infanzia” senza un approccio critico mi sembra un’esperienza vuota. Niente in contrario alla nostalgia, abbiamo tutti dei ricordi ovviamente, ma credo sia più bello se riusciamo a inserirli in un discorso universalmente condivisibile. Per esempio se a un certo punto salta fuori qualcuno che mi canta le lodi di Athena su C64 “perché è il primo gioco che ho mai giocato”, non posso fare a meno di ricordargli che era una zozzeria allora ed è una zozzeria ancora adesso.
E poi dovrebbe esserci una specie di “cuscinetto temporale” tra l’attualità e la “zona retrogaming”: non spacciatemi Snake Eater come retrogaming, sono passati dieci anni, è ancora solo un “gioco vecchio” (per quanto un capolavoro).
Diamogli il tempo di sedimentare.
RGP: Anche tu, come molti tuoi colleghi (ed anche il sottoscritto), collezioni hardware e software “d’epoca”?
MA: Mi piacerebbe moltissimo ma non ho né le risorse né lo spazio. Ho un C64 ma non saprei proprio dove conservare i giochi, per cui ho acquistato una 1541 Ultimate II, che però uso quasi solo per ascoltare i SID. Mi piacerebbe moltissimo avere un NES, magari da collegare a un bel monitor con tubo catodico, ma per ora proprio non ho lo spazio. Sono immune al fascino dei coin-op e ne ho visti troppi “fatti male” (alcuni cassoni con il MaMe sono terribili) e credo che gli aggeggi come il Retron siano il male assoluto.
Tanto vale usare gli emulatori su PC, joystick arcade bluetooth, cavo HDMI e via, tanto la cartuccia originale non ti assicura proprio niente se poi ci colleghi un emulatore Android con i controlli meticci. Però tutte le volte che vado a casa di Fabio Bortolotti non posso fare a meno di ammirare tutte le sue cianfrusaglie e di invidiargliele parecchio. Devo chiedergli di adottarmi.
RGP: Un’ultima domanda: se ti chiedessero di tornare per una sola volta in redazione con i tuoi ex colleghi per realizzare un numero speciale di TGM, cosa risponderesti?
MA: Non ero tanto un fan del lavoro quanto del cazzeggio, per cui non mi mancano gli anni di TGM e di Zzap! per ciò che producevo, quanto per le esperienze passate, le persone incontrate. Non ci saranno più notti spese a giocare in massa a Micro Machines V3. Però se capitasse, perché no?
Di recente ho scritto un articolo sulle tastiere meccaniche per TGM e qualche mese fa ho pubblicato delle recensioni per Eurogamer, insomma, “mi tengo in allenamento”.
Mai dire mai, come si suol dire.
RGP: Noi speriamo ovviamente di rileggerti online o su qualche rivista classica…
Siamo giunti purtroppo al termine di questa piacevole chiacchierata! Ringrazio infinitamente Marco per la disponibilità e per aver condiviso con tutti noi la sua lunga carriera di giocatore e giornalista videoludico.
MA: Grazie a te! E vorrei sottolineare che la mia intervista è più lunga di quella del Raffo.
Prendi questo, Raffo. Tiè.