Prima delle saghe di Double Dragon, Street Fighter, King of Fighters e Tekken, ne venne pubblicata una destinata ad avere una vita molto più breve (a malapena 3 anni) delle celebri e durature serie citate, essendo alla fine “solo” un precursore del trend al quale saranno destinati altri personaggi negli anni successivi con più ampie fortune.
Parlando di saghe del beat’em up è ovvio far riferimento ai più blasonati nomi pocanzi citati, ma in realtà qui si parla di beat’em up a scorrimento ed i paragoni quindi vanno fatti con i successivi Crime Fighter (proseguito con Vendetta), Final Fight e il già citato Double Dragon.
Nekketsu Koha Kunio-kun, questo è il nome della saga creata in Giappone sul finire del 1986 dalla Technos, venne pubblicata in occidente dalla Taito sotto il nome di RENEGADE, predecessore di un certo stile d’intendere il picchiaduro scorrevole.
ARCADE PAL
ARCADE JAP
Renegade è una saga svoltasi con dinamiche particolari: parliamo infatti di una serie nata in versione arcade ma proseguita poi su home computer/console negli anni successivi, prima con TARGET RENEGADE nel 1988 e l’anno dopo (1989) con RENEGADE III – The Final Chapter. Un franchise che ha avuto modo di svilupparsi in maniera egregia anche senza un modello arcade dal quale fare porting, con seguiti autonomi sviluppati dalle software house Ocean e Imagine.
Con il senno di poi potremmo dire che il primo titolo della saga è stato il prototipo per il successivo sviluppo dello schema di gioco di “rulla-cartoni”, così come l’estetica/immaginario tipico e il sistema di comandi decisamente variegato per l’epoca, portato avanti poi dalla Technos in Double Dragon II (il primo episodio era ancora legato al vecchio sistema di comandi), ovvero: il controllo multi direzionale, la possibilità di dare calci e gomitate all’indietro, sferrare calci volanti e pugni in faccia mentre l’avversario è riverso a terra.
Quello che stiamo portando ad esame è quindi la versione europea/occidentale, quella che alcuni di noi fortunati visse in prima persona sul coin-op o nella versione casalinga. Che il gioco fosse una “occidentalizzazione” di un altro videogame popolarissimo (Nekketsu Koha Kunio-kun, appunto) lo venni a sapere tempo dopo…e dello stesso titolo venne realizzata una “versione parallela” uscita nel 1989 col nome di RIVER CITY RANSOM per FAMICOM (con sprites decisamente più deformed e cartooneschi) e, successivamente, nel 1990 in America e nel 1991 in UK (con il nome STREET GANGS).Oltre a queste versioni Renegade vanta adattamenti anche per PC Engine e, in tempi più recenti, per GameBoy Advance!
CURIOSITA’:
RIVER CITY RANSOM – NINTENDO NES
RIVER CITY RANSOM – PC ENGINE
RIVER CITY RANSOM – GAMEBOY ADVANCE
Le versioni dell’originale cabinato giapponese ed occidentale differiscono su numerosi fattori: la trama della prima versione narra di Kunio che difende il suo amico Hiroshi da una gang di bulli, mentre nella seconda il vigilante Mr. K deve invece difendere la sua donna dai teppisti (oltretutto, l’intro è presente solo nella versione coin-op giapponese con l’antefatto della vicenda).
Le ambientazioni della seconda versione sono tipicamente occidentali, così come i nemici che variano dalle classiche uniformi da scolaro della versione nipponica al tipico vestiario da teppista occidentale con gilets di pelle e canottiere varie (oltre a vari personaggi altamente caratterizzati con maschere, in puro stile GUERRIERI DELLA NOTTE).
In entrambe le versioni da cabinato abbiamo però voci digitalizzate.
RENEGADE – COMMODORE 64
La particolarità, oltre al già citato sistema di controlli, riguarda nel layout di gioco e cioè un’area di gioco limitata a 2 quadri, quindi non proprio un gioco a scorrimento in senso stretto! In pratica tutto si svolge in un’area d’azione limitata dove i nemici subentrano man mano che libererete lo schermo dalla feccia della strada.
I livelli di gioco sono i classici nei quali, solitamente, avvengono le “rese dei conti” fra gang rivali (o almeno cosi è nell’immaginario collettivo, anche se la realtà è spesso differente), come una buona cinematografia insegna: dalla banchina della metropolitana, proseguendo all’interno di una vagone in corsa per arrivare ad un molo dove si sono dati appuntamento svariati componenti di bande in attesa del proprio turno per darcele di santa ragione.
Continueremo i nostri combattimenti in vicoli malfamati giungendo, infine, al covo del nostro nemico principale che, se sconfitto, darà accesso alla sequenza finale dove ci godremo il maltolto.
Alla fine di ciascun livello, per proseguire nel successivo, dovremo sconfiggere a suon di mazzate il classico boss (onnipresente tutti i beat’em Up degni di questo nome!)
RENEGADE – ZX SPECTRUM
Di questo titolo sono stati realizzati porting per quasi tutte macchine disponibili all’epoca (anche per Apple II) anche se con risultati alterni. La miglior conversione (a mio parere) quella per Sega Master System!
RENEGADE – SEGA MASTER SYSTEM
RENEGADE – APPLE II
Una piccola “pecca” da sottolineare è la totale assenza del multiplayer in tutte i tre giochi della saga, al contrario presente invece nel già menzionato RIVER CITY…
Nel 1988 arriva TARGET RENEGADE: distacco completo col passato, graficamente parlando, ovviamente mentre il plot della trama rimane il medesimo, anche se questa volta invece della classica donzella da salvare dovremo vendicarci dell’omicidio di nostro fratello Matt per mano di tale Mr. Big (!).
La vicenda si svolge nella città di Scumville (!!), composta da molti livelli da attraversare (dovremo giungere ad alcune cabine telefoniche situate alla fine di ogni livello che il nemico utilizzerà per chiamarci ed ai quali telefoni dovremo rispondere per carpire, si presume, informazioni su dove si trova il nostro uomo), prima di arrivare alla resa dei conti con il boss finale.
La fauna dei nemici varia dai perfidi motociclisti iniziali, a papponi che nascondono armi da fuoco spalleggiati da donnine “allegre”, per passare a skinheads e cani feroci accompagnati dalla banda Beastie Boys (!!!) e malavitosi ben piazzati.
Tutto questo è rappresentato abbandonando lo stile mutuato dal coin-op originale per una grafica più stilizzata in alta risoluzione (esempio più prossimo: Dragon Ninja) e quindi composta da sprites ben definiti e ben animati (questo perché la conversione dell’originale RENEGADE da sala giochi aveva portato, come nel caso della versione Commodore 64, a personaggi decisamente blocchettosi…Buona idea quindi quella di rifarli completamente di sana pianta nei seguiti della saga). Ovvio il paragone col suo cugino RIVER CITY RANSOM per NES dell’anno successivo, che ha optato per un medesimo stile pesantemente deformed ma con trama e gameplay mutuati coin-op originale.
Il set di mosse si presenta come il suo predecessore ma con un sistema di controllo sensibilmente migliore (la versione C64 è l’unica priva della modalità “pugni in faccia all’avversario a terra”): potremo raccogliere le armi lasciate dai nostri avversari ma rischiando sempre di essere bloccati da uno di loro mentre l’altro ci sistemerà per bene a colpi di mazza. L’ambientazione, come sempre, è metropolitana: si passa quindi da un parcheggio sotterraneo, alle strade di un quartiere degradato, da un parco ad una sorta di centro commerciale, concludendo poi nel locale del boss finale.
Anche qui c’è spazio per una sequenza finale fra il goliardico e il romantico tra il nostro eroe e una donzella del luogo. Differenza sostanziale dal suo predecessore è senz’altro lo scorrimento di ogni livello qui non circoscritto a pochissimi schermi, tanto che il primo stage si svolge addirittura su più piani.
TARGET: RENEGADE – COMMODORE 64
TARGET: RENEGADE – SPECTRUM
In merito alle possibilità delle versioni C64, Spectrum ed Amstrad CPC, i limiti di gestione delle animazioni dei personaggi portano ad avere al massimo due nemici alla volta da sfidare nella versione Commodore, mentre per Spectrum e Amstrad cambiano di poco lo stile grafico (monocromia dello Speccy permettendo) ma su schermo i nemici sono più presenti, anche se lo scrolling influisce non poco sul gameplay.
Particolarmente generosa la versione per NES, sia per gli accorgimenti grafici che per il sonoro accattivante, anche se terribilmente simile, in quanto a gameplay, ad alcuni passaggi di Double Dragon.
TARGET: RENEGADE – AMSTRAD CPC
TARGET: RENEGADE – NINTENDO NES
CURIOSITA’: come già osservato, il finale mostra il nostro protagonista scherzare e poi andarsene con una tipa in braccio… Molto simile al finale del primo gioco e quindi: conclusione della missione, nella quale il nostro eroe si consola con le donne dalla morte del fratello oppure copione diverso tra quello narrato e quello realizzato?
Mah…Da sottolineare l’inspiegabile assenza totale di conversioni per macchine a 16 bit!
Arriviamo quindi al 1989 ed al rilascio di RENEGADE III – The Final Chapter: anche stavolta il gioco ci viene presentato con una cover del mitico Bob Wakelin (come per Target: Renegade) e già dal calcio volante dato sul muso avvizzito di una mummia si può presupporre dove il nostro Mr. K è andato a menar le mani stavolta: nientemeno che in un vortice temporale (cronologicamente progressivo) che lo porterà a passare per le principali epoche storiche: dall’età della pietra all’antico Egitto, quindi al Medioevo e cosi via.
Anche qui il concept design è basato su una grafica ottimamente definita con accentuazione dello stile deformed: nel livello iniziale si presentano quindi tirannosauri antropomorfi e relativa versione small, oltre (in totale anacronismo cronologico) a nanerottoli ominidi delle caverne. Superato tale livello (dove ci toccherà anche evitare trappole di aculei e bombardamenti di uova di pterodattilo) sarà la volta dell’Antico Egitto nel quale, come la cover della scatola lasciava presagire, saremo attaccati da mummie e simil-dei Anubi.
Alla volta del Medioevo verremo attaccati da orde di cavalieri erranti su finti destrieri (in realtà scope… inutile dire che l’elemento umoristico qui è presente!) e giullari.
Nel futuro i nostri nemici saranno invcec robots impazziti e tizi in tute spaziali.
RENEGADE III – COMMODORE 64
Il gameplay offre livelli brulicanti di nemici dal passaggio un pò casuale che ci attaccheranno ma senza inseguirci come nel predecessore anche se potrebbero comunque darci quattro morsi/bastonate ed andarsene per la propria strada.
Non crediate però, per questo, di avere vita facile: la difficoltà rimane comunque a livelli da codice penale! Da sottolineare la totale mancanza di boss di fine livello (idem per Target: Renegade, ma lì almeno un “capoccia” finale lo affronteremo): arriveremo alla fine del percorso e dopo qualche ondata di nemici passeremo di colpo alla prossima ambientazione.
Sicuramente la presenza di boss finali avrebbe influito negativamente su un gameplay già durissimo di per sé, ma con questa scelta si percepisce un senso d’incompletezza.
La storia del livello di difficoltà esagerato infatti è l’accusa con la quale il gioco è stato osteggiato all’epoca: accattivante, sì ma nulla che possa giustificare un livello di difficoltà così infame! Inutile dirlo, la versione C64 è la miglior rappresentazione su 8 bit, anche se a detta dei retrogamers attuali, rimane un gioco inferiore. Le altre versioni variano da una versione con scrolling claudicante su Amstrad ad una grafica ben più funzionale su Spectrum con tanto di macchina del tempo a portarci via alla fine di ogni stage.
Anche qui, nessuna versione per macchine a 16 bit, anche se su YouTube gira una versione prototipo per Amiga…
Un concept chiaro e semplice per una saga durata troppo poco, sintetizzando in tre capitoli quello che saghe ben più lunghe fanno in infiniti episodi! Forse si era capito allora che una mini saga del genere doveva esser portata avanti con una certa sobrietà anche perché ben altri giochi a scorrimento sarebbero arrivati a breve (Vendetta, Final Fight e tutto il maelstrom beat’em up della Capcom).
Ad onor del vero, credo si fosse capito saggiamente di aver già spremuto al massimo tutto il possibile quindi si decise di chiudere la serie con il terzo episodio, benchè riuscito solo a metà.
Commento a parte per le tracce musicali della versione C64: ispiratissima e a tratti suggestiva quella di Target: Renegade (con picchi nella schermata dei titoli e nel terzo livello) ad opera di Gary Biasillo e decisamente in tema ed evocativa per ogni epoca storica quella di Jonathan Dunn sul terzo capitolo.
In conclusione quel che resta è un gioco ricordato ancora oggi forse per la sola versione originale da sala che ha fatto però la sua buona parte nello sviluppo del beat‘em up, in merito a gameplay e controlli di gioco!