A quasi due anni di distanza dall’ultima intervista pubblicata (per inciso l’intervista a Mirko Marangon, ex redattore della storica rivista The Games Machine, assolutamente da non perdere!), Retrogaming Planet riprende alla grande con una succosa intervista ad Andrea Contato, autentico appassionato della saga di Ultima e del suo creatore Richard Garriott al punto da dedicargli un’intera opera, suddivisa in due volumi, nella quale potremo scoprire ogni dettaglio sulla vita del famigerato Lord British e della software house Origin che ha dato vista alla famosissima saga amata in tutto il mondo.
Lascio quindi la parola ad Andrea a cui abbiamo chiesto di raccontarci cosa lo ha spinto a scrivere un libro tanto impegnativo…
Prendetevi cinque minuti di tempo per leggerla dopodichè correte a comprare il libro!
Robert “RGP” Grechi
RGP: Ciao Andrea e benvenuto sulle pagine di Retrogaming Planet! Innanzitutto raccontaci un pò di te: come è nata la passione per i videogames e qual è stata la macchina che ti ha fatto accendere la fatidica “scintilla”…
ANDREA: La mia più antica memoria dei videogiochi risale a quando non frequentavo ancora la scuola elementare: in una vacanza in Olanda vidi un affare di legno con un televisore dentro e dei ragazzi che si alternavano ai comandi, inserendo monete buffe… Era Asteroid e dato che sono classe 1976 è abbastanza probabile fosse già fuori moda. Ai ragazzi, però, piaceva e io ne fui conquistato.
Non ci giocai, ovviamente, ero troppo piccolo ma il fascino che quella macchina esercitò su di me non venne mai più meno.
Un paio di anni più tardi misi le mani su una console tutta italiana, fabbricata a Curno in provincia di Bergamo (tra l’altro sto facendo una ricerca anche su questa console e su altri piccoli gioielli italiani), da un’azienda di nome Cabel. Era un clone dell’1292 Advanced Programmable Video System: fu amore a prima vista anche se, come molti prima e dopo di me, il vero e proprio battesimo del fuoco avvenne con il mio primo Commodore 64, la macchina che mi ha tenuto compagnia per anni, introducendomi davvero in questo mondo.
RGP: Attualmente qual è il tuo rapporto con i videogiochi?
ANDREA: Gioco il più possibile, tempo permettendo. Tra famiglia, lavoro e la passione della scrittura, il tempo sfortunatamente a volte è davvero poco. Mi tengo però aggiornato giocando tutto quello che riesco.
Difficilmente completo un gioco, deve proprio conquistarmi, perché una volta capito come funziona, l’interesse scema velocemente e preferisco provare altro.
RGP: Quale o quali macchine utilizzi abitualmente e cosa pensi dei videogames odierni?
ANDREA: Ad oggi ho un PC gaming e una PS4. Sicuramente uso molto più il PC ma non disdegno qualche puntata sulla console.
Onestamente, mi divertono di più i giochi odierni ed anche se potrebbe sembrare il contrario, sono una persona che guarda sempre avanti, in cerca di esperienze e meccaniche nuove, rese possibili dall’hardware odierno che è così incredibilmente potente da sembrare magico in confronto a quello dei pionieri dell’industria dei videogiochi.
RGP: Da qualche tempo è in vendita il tuo libro sulla storia di Richard Garriott (meglio conosciuto come Lord British) e la famosissima serie da lui ideata: ULTIMA.
Quando è cominciato il tuo interesse verso il mondo di Ultima e soprattutto perché realizzare un libro su questa serie ed il suo creatore?
ANDREA: Cominciai ad interessarmi ai videogiochi nella prima metà degli anni novanta: vidi in vendita una scatola per un kit multimediale della Creative: si trattava di un lettore CD-ROM 4x, con scheda audio 16 bit e casse, alla modica cifra di circa 500.000 lire. Me lo ricordo bene perché lavorai tutta l’estate per quello scatolotto e quando lo comprai, dentro ci trovai la EA Compilation, un CD-ROM con diversi giochi, tra i quali Wing Commander Academy, Populous II e Seven cities of gold.
C’era poi anche Ultima VII The Black Gate!
Giocai solo a quello per settimane, prendendo appunti sul mio quaderno rubato al materiale scolastico. Senza saperlo stavo facendo come Garriott da giovane, il quale andava a scuola portando con sé il suo quaderno nero su cui prendeva appunti e segnava le idee che gli venivano in mente o che i suoi amici e compagni gli riferivano.
Nel mio interesse, però, ero solo, non c’erano altri giovani che seguivano Ultima e, in verità, erano pochi quelli che giocavano.
Fino all’avvento di Internet, Ultima rimase un mondo magico accessibile solo a me: un’esperienza solitaria ma, per questo, allo stesso tempo anche molto personale. Con Internet, ovviamente, tutto cambiò: scoprii interviste, libri e informazioni raccolte dai fan… Tutte le domande che avrei potuto fare ma che non avevo formulato perché convinto che non avrebbero avuto risposta, iniziarono a venirmi in mente.
Penso che fu quello il momento in cui desiderai per la prima volta sapere di più, magari più di ogni altra persona.
L’idea del libro, però, venne successivamente…
Stavo facendo ricerche sulla storia generale dei videogiochi, quando mi accorsi che, raccontando le vicende di Richard Garriott, era possibile narrare una parte della storia dei videogiochi.
Garriott è uno degli ultimi pionieri dei giochi per computer ancora in attività: la sua carriera parte nel 1980 e attraversa quasi quattro decenni per arrivare fino ad oggi. Quando ha iniziato a scrivere giochi, negli ultimi anni del ’70, i prototipi di Garriott erano programmati in BASIC e venivano eseguiti su computer che non avevano monitor: l’output del gioco era stampato su carta e i lunghi listati salvati su schede perforate.
RGP: Come sei riuscito a contattare Richard e cosa ha pensato della tua idea di scrivere un libro su di lui?
ANDREA: Il libro potrebbe sembrare una biografia ma, in realtà, non lo è…
La prima parte dell’opera è dedicata alla vita di Richard Garriott (di cui, spero a breve, pubblicherò un’interessante intervista audio realizzata nel lontano 2013 ma rimasta negli archivi di Retrogaming Planet per svariati motivi) prima della creazione di Ultima: la parte iniziale del lavoro di ricerca che ho svolto è stata solitaria. Ho reperito ogni libro precedentemente scritto e l’ho studiato approfonditamente, cercando collegamenti per le future ricerche; successivamente sono passato alle interviste, leggendo centinaia di riviste dell’epoca.
L’ultimo passo documentale è stato, invece, scandagliare il web cercando messaggi sui newsgroups (nella seconda metà degli anni ’90 molti sviluppatori erano attivi e assai loquaci sul web, arrivando ad interagire 1 a 1 con i loro fan), interviste su YouTube e sui siti di informazione.
Quando avevo completamente esaurito questo filone di ricerca, mi sono messo ad incrociare i dati per capire che pezzi del puzzle mi mancavano: molte informazioni raccolte erano coerenti ma c’erano dei buchi da colmare e delle discrepanze da risolvere. Se mi fossi fermato, il mio lavoro non avrebbe avuto nulla di originale, sarebbe stato solo un grande lavoro di ricerca su cose già dette e scritte.
Pensai quindi che, forse, era possibile fare un salto di livello. Mi misi quindi alla ricerca, su internet, dei colleghi e amici di Garriott.
Avevo da poco riletto Dungeons and Dreamers di Brad King e John Borland (libro che consiglio a tutti) e il primo nome che cercai era anche il primo citato nel testo: Bob White, uno dei primi compagni di giochi di Garriott.
Lo trovai subito e per qualche ora pensai a come avrei potuto contattarlo, con quali parole avrei potuto presentarmi. Mi immaginavo cosa avrebbe potuto pensare lui del mio messaggio: una richiesta di contatto da parte di uno sconosciuto dall’altra parte del pianeta!
Le parole giuste mi mancarono e me ne andai a dormire con uno sgradevole senso di frustrazione: avevo incontrato un muro che mi sbarrava la strada.
E qui mi venne incontro la fortuna: infatti mi contattò lui: “Mi piacerebbe parlare di Ultima con te”, mi scrisse. Detto fatto.
Iniziammo a scambiarci email e questo mi diede coraggio. Cercai anche gli altri e quando trovavo qualcuno chiedevo informazioni e aiuto per l’intervista successiva. Richard Garriott era l’obiettivo ultimo ma non mi sentivo ancora pronto; avrebbe potuto non gradire il mio lavoro (e magari fermare il progetto) o non essere disponibile.
Avevo la certezza che sarebbe stato difficile chiedere un po’ del suo tempo per rispondere alle domande. Non potevo sprecarlo e, prima di contattarlo, volevo avere un quadro ben preciso di cosa avevo davvero bisogno di chiedergli.
Andai quindi avanti per diversi mesi, fino al giorno in cui contattai Raymond Benson. Lui, scrittore professionista, autore di diversi romanzi di James Bond e responsabile degli autori di Ultima VII – The Black Gate (il mio capitolo preferito della saga), si mostrò interessato al mio lavoro ma volle sapere: “Richard che ne pensa della tua ricerca?”. Gli dissi la verità: non ne sapeva ancora nulla.
Mi mise lui quindi in contatto con Garriott, il quale fu subito entusiasta del mio lavoro.
RGP: Quali suggerimenti/aiuti particolari ti ha fornito Richard?
ANDREA: Sarebbe un elenco lunghissimo. Mi limito alle cose fondamentali: ha risposto a tutte le mie domande, mi ha dato una mano a mettermi in contatto con alcuni suoi ex colleghi, ha fornito un supporto importantissimo per entrambe le campagne di Kickstarter dei due volumi che compongono il mio saggio, ci ha dato delle foto inedite da pubblicare e ci ha autorizzati a pubblicare una nuova versione di Akalabeth – il suo primo gioco commerciale – per il Vectrex.
RGP: Hai ricevuto un suo feedback dopo la pubblicazione del libro?
ANDREA: Non mi ha mai chiesto di poter leggere il libro prima che venisse pubblicato. Gli ho mandato comunque la bozza della traduzione via mail ma non ha mai avanzato nessuna richiesta di cambiamenti o editing vari. Quando abbiamo iniziato a lavorare sul Kickstarter del secondo volume, il suo supporto è persino aumentato dandoci licenza di pubblicare 20 copie di Akalabeth, il suo gioiello più prezioso.
RGP: Hai incontrato qualche difficoltà nella stesura del libro o ti è capitato di voler abbandonare tutto e lasciare il lavoro a metà? Raccontaci qualche aneddoto riguardo la sua realizzazione
ANDREA: Abbandonare il lavoro mai ma i momenti di frustrazione sono stati tanti e difficili da affrontare.
Spesso avevano a che fare con qualche persona difficile da raggiungere o un’intervista rifiutata. Il più delle volte è stato possibile aggirare l’ostacolo facendo domande ad altri e lavorando con i pezzi di informazione che avevo reperito altrove. In alcuni casi, però, mi sono trovato davanti ad un muro invalicabile e ho dovuto accettare che certe domande – almeno per ora – non avrebbero avuto una risposta.
La parte più complessa della storia di Through the Moongate – quella più densa di difficoltà e momenti di crisi – non è stata quella della ricerca o della scrittura del testo, ma la sua pubblicazione. Scrivere un libro è relativamente facile. Pubblicarlo è l’impresa più complessa.
Inizialmente ho trovato l’interesse di tre case editrici italiane. Sfortunatamente le loro offerte erano – economicamente parlando – molto modeste. Il vero problema, quello che mi fece desistere dal proseguire con loro, era che in tutti e tre i casi, non c’era ambizione. Io avevo avuto sin dall’inizio la percezione che il mio libro doveva essere proposto al mercato internazionale dei lettori in lingua inglese, ma per far questo era necessario un investimento importante. Le case editrici che potevano pubblicare il mio libro, invece, non avevano intenzione di investire nel progetto. Se avessi firmato, si sarebbero limitate a produrre qualche centinaio di volumi e venderli in Italia attraverso i loro normali canali.
Ero certo che con un progetto così, non saremmo andati lontani infatti quando ho pubblicato il primo volume ho avuto la conferma che il mercato italiano è troppo piccolo per rendere economicamente sostenibile una pubblicazione di questo tipo. Il mercato inglese, invece, si è dimostrato entusiasta e ha reso possibile, con i fondi raccolti con i preordini su Kickstarter, una pubblicazione minore in italiano.
RGP: Quando hai cominciato la stesura del testo, eri consapevole della complessità del lavoro che stavi realizzando o credevi fosse una passeggiata realizzare un’opera di questa portata?
ANDREA: Ero consapevole. Though the Moongate, a mio avviso, è una lettura interessante proprio perché, come ho detto prima, la carriera di Garriott attraversa 4 decenni in cui la tecnologia ha fatto passi da gigante e il modo di creare giochi è cambiato in modo radicale più volte. È stata questa la difficoltà più grande che ho affrontato nella ricerca e scrittura: spiegare dal punto di vista tecnico cosa è successo in questi quaranta anni.
RGP: Dove è possibile acquistare il volume e quali sono i formati/edizioni disponibili?
ANDREA: Andiamo con ordine…
Per il primo libro:
- La versione italiana è disponibile solo in forma digitale (su Amazon Kindle) e in copertina morbida direttamente dal sito ufficiale www.theira.it
- L’edizione inglese – che consiglio perché contiene i testi originali delle interviste – è disponibile come ebook su Amazon Kindle e in copertina morbida sul sito ufficiale, dove è possibile ancora ordinare alcune copie dell’edizione speciale cartonata.
Il secondo libro invece è in fase di traduzione ed editing.
RGP: Sappiamo che da qualche giorno è terminata su Kickstarter la campagna di crowfunding per la realizzazione del secondo volume del tuo libro: cosa puoi dirci a riguardo?
ANDREA: Direi che è andata bene… Ne parlo al passato perché l’obiettivo è stato raggiunto in 24 ore e 6 minuti. Siamo entusiasti e sbalorditi dalla risposta del pubblico che, evidentemente, ha apprezzato il lavoro svolto per il primo libro e il fatto che la prima campagna di crowdfunding è stata portata a termine nei tempi previsti, cosa non comune.
RGP: Quando è prevista l’uscita del secondo volume e quali differenze presenterà rispetto al primo?
ANDREA: Fine estate 2020. Esteticamente parlando, copertina a parte, sarà uguale al primo.
L’edizione speciale a copertina cartonata avrà il doppio delle pagine di fotografie a colori e al suo interno saranno raccontate le vicende di Garriott e Origin da Ultima VII e Wing Commander fino a Portalarium, passando per l’acquisizione di OSI da parte di Electronic Arts, la nascita di Ultima Online, la chiusura di Origin e la fine di Ultima, la creazione di Tabula rasa e molto altro.
Ci sarà anche un capitolo speciale sulla morte di Lord British.
RGP: Per concludere sarai felice di sapere che questa intervista e la recensione del libro che ne seguirà, verranno pubblicate nel decennale del blog: credo sia un buon modo per fare pubblicità alla tua interessante opera ed allo stesso tempo reclutare nuovi lettori per il blog.
Sono sicuro troveranno tutte le informazioni necessarie a soddisfare la loro “fame” di conoscenza di Ultima e Lord British!
ANDREA: E’ un onore per me che questa intervista venga pubblicata proprio in questo momento! Oggi l’argomento retrogame è molto popolare, dieci anni fa era invece “pionieristico“…
In questo lasso temporale è cambiata molto la nostra attenzione e sensibilità nei confronti dei videogiochi d’epoca: dieci anni fa erano considerati dai più come qualche cosa che creava ingombro, oggetti da mettere in solaio in qualche scatola polverosa. Conosco molte persone che si sono liberati di quel “vecchiume” prima che il vento cambiasse (e ovviamente oggi si mordono le mani).
Nel 2019, quello del retrogaming è un interesse diffuso; non è solo nostalgia e collezionismo ma spesso è voglia di guardare al nostro ieri per ricordarsi e capire come è nato tutto. Oggi retrogaming è anche cultura e riflessione su come l’ingegno e la creatività umana hanno saputo sfruttare al meglio le risorse limitate della tecnologia, per inventare modi sempre nuovi per intrattenere, raccontare storie, sognare.
Penso che questo blog abbia una parte importante nel cambiamento avvenuto in questo decennio.
RGP: Le tue parole mi lusingano ed allo stesso tempo mi rendono orgoglioso per il lavoro svolto con Retrogaming Planet! Ti assicuro che dietro ad un articolo o ad un’intervista fatti con passione (e se vado avanti ininterrottamente da dieci anni significa chela passione è davvero molta) c’è tanto lavoro e molto sudore…
Non mi resta che ringraziare Andrea per aver accettato di realizzare questa intervista e per avermi fornito il suo interessante libro che, come prevedibile, è andato ad occupare un posto d’onore nella mia personale biblioteca videoludica!
A breve la recensione del primo volume Through the Moongate Part I
Ricordo a tutti che è possibile acquistare il primo volume all’indirizzo www.theira.it/buy-the-book dove potrete trovare tutte le edizioni disponibili con relativi prezzi.
All’indirizzo www.indiegogo.com/projects/through-the-moongate-part-ii#/ è invece possibile preordinare una copia del secondo volume attualmente in preparazione!
Inutile ricordarvi che sarebbe un delitto non acquistare queste due imperdibili opere!
Un tocco di assoluta classe nella vostra personale biblioteca videoludica…