L’ultimo decennio ha visto una crescita esponenziale dell’interesse per il retrogaming, in partenza solo ad appannaggio dei gamers più stagionati, per passare poi, in tempi più recenti, a tutti coloro che all’epoca non erano nemmeno nati (con tutte le accezioni che una tendenza di questo tipo può portare, anche negative, come la speculazione del mercato retro ormai fuori controllo), portando al riesame di quell’epoca tramite retroreviews, sia scritte nei vari blogs che pubblicate in formato video dallo YouTuber più o meno competente.
Moltissime volte si sono fatti i nomi di giochi che, meritatamente, sono entrati nell’Olimpo della categoria e, nel caso specifico delle avventure grafiche/platform, nomi quali PRINCE OF PERSIA, Another World o Flashback, sono stati celebrati varie volte, tanto per il valore intrinseco, quanto per l’unicità del titolo nel tempo, nella maggioranza dei casi imitato e mai eguagliato.
Coevo ai titoli pocanzi citati ed ormai caduto nel dimenticatoio, c’era JONNY QUEST, all’epoca tie-in di una nota serie cartoon a firma Hanna-Barbera (ma di cui in Italia ne abbiamo sentito solamente l’eco, sia della serie anni ’60 che del reboot anni ’90), sviluppato dalla HiTec Software nel 1991 per quasi tutti i formati home computer 8 bit dell’epoca: Commodore 64, ZX Spectrum ed Amstrad CPC…
I due marchi sopra menzionati, in meno di un lustro, furono protagonisti di licenze ed adattamenti noti e meno noti, tra i quali: Atom Ant (La Formica Atomica), Yogi Bear & Friends (L’orso Yogi), Scooby & Scrappy Doo e Road Runner & Wile E. Coyote (Willy il Coyote e Beep Beep), tanto per citarne alcuni, tutti nomi più o meno di richiamo per il pubblico videoludico dell’epoca (il marchio Hanna-Barbera riecheggia ancora oggi, ma all’epoca era un’istituzione pari quanto la Warner o la Disney), soprattutto quello giovanissimo!
Il gioco in questione è degno di nota per vari motivi: innanzitutto la trasposizione del cartoon, fedelmente riportata nel suo aspetto primario cioè quello dell’adventure game, tra esplorazione e la ricerca di oggetti utili a farci strada durante il lungo cammino verso la soluzione del gioco; a seguire l’aspetto grafico ottimamente realizzato senza nulla da invidiare a titoloni più blasonati (Myth è un esempio, pur avendo un gameplay differente, ma potrei addirittura azzardare con Another World, sia per le movenze dello sprite principale, che alcuni accorgimenti, come i vermi delle caverne davvero simili al primo stage del titolo Delphine). Abbiamo anche una “quest” primaria, basilare ma comunque coinvolgente: nel cartoon Jonny è il figlio di uno scienziato, coinvolto in svariate avventure intorno al mondo con comprimari vari, tra i quali l’amico indiano Hadji ed il cagnolino Bandit.
Nel gioco Jonny dovrà cercare e liberare il papà, Benton Quest, dalle grinfie della nemesi Dr. Zin, che lo ha rapito per costringerlo a realizzargli un laser letale. Qui è solo, poiché pure i suoi due amici sono stati rapiti dallo scienziato pazzo, quindi ulteriori obiettivi da liberare durante il percorso. Non mancheranno pericoli, sia nei luoghi da percorrere, vere trappole mortali, sia dalla fauna che vi abita, tra emissari di Zin, a robot di guardia, presenti nei sei livelli in cui si estende il gioco. In tutti gli stage vige la regola della sana avventura grafica: ossia trova oggetti/combina oggetti/usa oggetti/apri passaggi/risolvi enigma.
La simpatia per il personaggio principale e l’efficacia tecnica presenti nell’economia del gioco, permettono un interesse crescente nel gameplay, mentre le ambientazioni ben congeniate, come classici dungeon/caverne, magioni immense ed irte di pericoli, fino a laboratori sinistri, alimentano la voglia di esplorare, facendo attenzione a calibrare bene i salti tra una piattaforma e l’altra e la possibilità di evitare scontri diretti (all’inizio del gioco abbiamo a disposizione una sola ed unica vita!).
Nonostante la sua natura di tie-in, il gioco nasce come modesto (poco dopo l’uscita era già in versione budget), per un pubblico giovane e di non troppe pretese ma, nonostante ciò, l’accoglienza all’epoca fu buona da parte della critica, che riconobbe dalla sua piccoli tocchi di classe (come ad esempio il passaggio dall’avere una sola vita a quattro con l’aiuto di Hadji non appena viene liberato) e la qualità generale, grafica in primis, nonostante l’assenza di musiche durante il gioco ed il formato in cui venne rilasciato all’epoca, relegato alla sola cassetta.
Delle tre versioni nelle quali il gioco venne rilasciato, ovviamente la versione su Commodore 64 è quella superiore dal punto di vista tecnico, dalla struttura dei livelli al gameplay. Per i possessori di Speccy ed Amstrad CPC, comunque, un’occhiata è obbligatoria.
Per concludere, Jonny Quest nasconde più di un motivo d’interesse per tutti coloro che, all’epoca, lo hanno sentito solo nominare, mentre per gli amanti delle avventure grafiche è invece un videogame caldamente consigliato, un’intrigante alternativa al già citato Myth o ad un Sinbad and The Throne of The Falcon.
Oppure, mi sbilancio, una versione 8 bit di Flashback…