INTERVISTA SCRITTA DA ALFREDO SIRAGUSA SU TRACCIA DI RGP
Dopo le interviste a RAFFAELE VALENSISE e FABRIZIO FARENGA di HoloDream Software chiudiamo il cerchio con l’ultimo esponente del magico trio che ha dato i natali a F17 Challenge , uno dei migliori giochi arcade di F1 per la piattaforma Amiga.
RGP: Ciao Alfredo! Per prima cosa vorrei ringraziarti per aver accettato di realizzare questa intervista proposta ormai mesi fa e per vari motivi realizzata solo ora! Partiamo con una domanda di rito giusto per rompere il ghiaccio: dove e quando nasce Alfredo Siragusa?
ALFREDO: Sono nato a Roma il 21 settembre del 1970 da madre romana (casalinga) e da padre siciliano (all’epoca Sottufficiale della Marina Militare Italiana). Sono cresciuto in una famiglia molto sensibile a tutta l’arte in genere, soprattutto grazie alla figura di mia madre, anche lei con doti e studi artistici. Ho un fratello più grande.
RGP: I più attenti sapranno sicuramente che sei un grafico quindi sarebbe interessante sapere come e quando hai capito che grazie a un disegno avresti potuto esprimere te stesso…
ALFREDO: La vena artistica, il senso creativo e un carattere estremamente sensibile, non hanno tardato a manifestarsi nella mia personalità, grazie anche ai miei genitori che hanno sempre capito e incoraggiato (fin da quando ero piccolo) questa mia naturale predisposizione per il disegno e per la creatività. Che io mi ricordi ho cominciato a esprimermi attraverso il disegno fin dai tempi dell’asilo!
RGP: I tuoi primi disegni sono stati a mano libera o hai cominciato direttamente su computer?
ALFREDO: Naturalmente a mano libera! Già alle scuole elementari la “copia dal vero” era la mia principale forma di espressione: qualsiasi cosa catturasse la mia curiosità io la ritraevo su carta con le matite. Scolasticamente parlando poteva essere una “natura morta” o un “paesaggio” ma anche i personaggi di Walt Disney ovviamente. Copiavo in particolar modo la FIGURA UMANA in movimento, come per esempio quella altamente dinamica dei supereroi Marvel (Spiderman, Dare Devil, I Fantastici 4, Thor, etc.), oppure quella robotica, che combatteva negli “anime” televisivi di Goldrake, Mazinga e Jeeg Robot (tanto per citare quelli più famosi)! Ed è proprio sulla figura umanoide in genere che producevo tonnellate di disegni, tant’è che i miei genitori durante una vacanza estiva in Sicilia, decisero di far vedere quei disegni a un pittore del luogo che in quel periodo aveva allestito una mostra personale, (diciamo per aver un parere, da uno che l’arte la faceva). Quando l’artista vide i miei disegni, mi disse: “Ok sei molto bravo a copiare ma prova a creare qualcosa dal nulla, senza copiarla”.
Ovviamente ero solo un bambino e mi ricordo che lì per lì ci rimasi un po’ male ma invece quelle parole mi furono molto d’insegnamento e da quel momento in poi cominciai a vedere le cose in modo diverso, cercando anche di “creare senza necessariamente avere un modello di riferimento”. Senza lo studio dell’anatomia, per il bambino Alfredo sarebbe stato impossibile disegnare la figura umana al pari di maestri come Boris Vallejo o Julie Bell, mentre fu molto più facile creare “i miei robot personalizzati” immaginando come Jeeg Robot li avrebbe distrutti… Iniziai quindi a inventare quei “robot umanoidi” in tutte le varianti che potevo immaginare, aprendo la mente alla fantasia! Il disegnarli su carta non bastava, bisognava anche interagire e credo fu così che cominciai a giocare con i videogames, inizialmente nelle “sale giochi” e poi…
RGP: Qual è stata la prima macchina sulla quale hai “messo le mani” e a quanti anni? Quali le altre?
ALFREDO: A parte qualche rudimentale gioco elettronico, la prima “console” videoludica fu l’Atari 2600 (con giochi tipo Combat, Berzerk, etc.), avevo circa 10 anni quando i miei genitori la regalarono a me e a mio fratello. Quella grafica a “cubettoni”, anche se inizialmente mi aveva entusiasmato, cominciò ben presto a stancare… e così si passo al primo vero computer: il mitico Sinclair ZX Spectrum 48Kb!
Oltre che a giocarci assiduamente insieme a mio fratello e ai nostri amici (con giochi tipo Manic Miner, Match Point, Jetpack, etc.), lo Spectrum fu la prima macchina in assoluto con la quale iniziai a disegnare digitalmente, utilizzando il programma Art Studio (credo fosse il 1983 circa). Mi ricordo che cominciai a copiare un disegno di Hajime Sorayama (era l’illustrazione di una donna robot molto sexy), procedendo nel modo più preciso e naturale che mi si rese evidente adottare, in altre parole “pixel by pixel”! Se da un lato la risoluzione dello Spectrum permetteva un disegno abbastanza definito, dall’altro, la gestione dei colori (non più di 2 in un’area di 8×8 pixel) era un limite non da poco… ma quella nuova dimensione cominciava a entusiasmarmi: c’era una struttura di riferimento in cui costruire l’immagine, una griglia di pixels dove non si poteva sbagliare perché tutto era matematicamente al suo posto! C’era un’unità di misura sullo schermo, ogni punto aveva le sue coordinate matematiche e quindi alla fine era facile trovare l’esatta proporzione visiva di ciò che stavo disegnando. Insomma mi appassionai subito del digitale!
Dopo qualche anno fu la volta del glorioso Commodore 64 con il Koala Painter come programma grafico. Anche con il Koala cominciai copiando la stessa donna robot di Sorayama, avvantaggiandomi però del fatto che il C64, nel modo “multicolor”, permetteva l’uso simultaneo di 4 colori in un’area di 8×8 pixel… ebbi quindi meno limitazioni e più libertà creativa.
Guardavo l’illustrazione sulla rivista e la ritraevo “punto per punto” sullo schermo, creando contemporaneamente sia le forme sia le sfumature dell’immagine; costruivo il disegno direttamente nel dettaglio, usando lo zoom per ingrandire i pixels e poi controllavo senza zoom il risultato (stavo iniziando ad applicare “manualmente” quello che in gergo tecnico si chiama anti-aliasing e dithering)!
Ottenni ottimi risultati diventando ben presto un esperto di queste tecniche (oggi ovviamente sono processi automatici, ed esistono gli scanner!). C’è da dire che mi è sempre piaciuto il realismo fotografico e mi è sempre piaciuto raggiungerlo anche quando le macchine non lo consentivano, vuoi perché avevano una risoluzione video molto bassa, che inevitabilmente creava vistose scalettature e vuoi per il numero di colori molto limitato. Era proprio questa la sfida! Produrre immagini digitali “visivamente rifinite” applicando un anti-aliasing e un dithering “umani”, in modo da eliminare le scalettature e avere più colori di quelli disponibili! Tecniche che divennero subito l’arma vincente per spremere al massimo i limiti di queste macchine… (chissà quante volte avrò tolto e rimesso un pixel per ottenere una sfumatura migliore…infinite!).
Dopo il 64 seguirono l’Amiga 500 Plus e l’Amiga 4000/040 (dove usai il famoso Deluxe Paint III come programma grafico) e poi l’attuale PC.
RGP: Da adolescente eri il tipico ragazzo che trascorreva tutto il giorno chiuso nella sua stanza incollato allo schermo, oppure avevi una tua vita sociale e il computer rimaneva solo uno svago?
ALFREDO: Inutile dire che la passione per i videogames aveva un ruolo importante, ma era condivisa con mio fratello e con i nostri amici comuni e quindi oltre che uno svago era anche un modo per socializzare. Lo scambio dei videogames era motivo d’incontro e spesso si facevano delle cene per giocare e valutare i videogiochi migliori (una sorta di demo party). Alcuni amici avevano tonnellate di titoli sempre nuovi per lo ZX Spectrum (sia su cassetta sia su MicroDrive) e per me era una manna poter aggiungere nuovi giochi alla mia collezione; era una sorpresa continua, un concentrato di creatività! Direi cibo per la mente specie per quella di un ragazzino con la vena artistica. Con il Commodore 64 poi furono anni splendidi perché divenni protagonista della scena del “warez” nel senso che ero costantemente aggiornato su qualsiasi titolo uscisse… era il periodo d’oro in cui i programmi arrivavano settimanalmente “a blocchi” sui dischi da 5 ¼; c’era un parco giochi vastissimo e la richiesta era enorme, ero sempre in giro e a contatto con persone nuove… anni molto attivi direi. Il tutto ovviamente senza mai tralasciare né lo studio, che conseguivo con profitto, né lo sport, dove al posto del classico calcio (che non mi è mai piaciuto giocare) ho preferito imparare l’arte marziale del Judo, (sono cintura verde e partecipai anche a un campionato regionale).
RGP: E’ logico dedurre che la tua materia preferita a scuola fosse proprio il disegno… Hai poi frequentato corsi specifici per perfezionare la tua tecnica o sei “un’autodidatta”?
ALFREDO: Dopo le scuole dell’obbligo, dove certamente eccellevo nel disegno, ho frequentato il Liceo Artistico conseguendo il diploma di maturità con 54/60 ma per il resto posso dire con orgoglio che tutto ciò che riguarda i computer e la grafica digitale, è solo e soltanto autentica farina del mio sacco!
RGP: Il computer ha contribuito a sviluppare le tue capacità grafiche o è stato solo un mezzo alternativo alla matita per esprimere quello che avevi in mente?
ALFREDO: Direi entrambe le cose. Quando disegni a mano libera, non hai nessuno schema: se stai facendo un ritratto, puoi misurare le proporzioni del soggetto usando il pollice o la matita come unità di misura e se sbagli puoi cancellare con la gomma. Ma sono sempre modi approssimativi e soggettivi di procedere, (anche se comunque positivi, perché contribuiscono a dare personalità a ciò che stai disegnando). Con il computer invece c’è sempre uno schema: l’area di lavoro diventa una struttura di riferimento, dove ogni pixel ha una sua coordinata matematica sullo schermo, quindi si ha una precisione assoluta (basta pensare alle funzioni di “snap”… se sbagli poi, c’è l’utile “undo” e “redo”). Cose banali ormai, ma veramente indispensabili. Il computer ha quindi aggiunto quel senso di perfezione che ho sempre cercato ogni volta che ho costruito ciò che avevo in mente. Non a caso ho usato il termine “costruire”, infatti, nella composizione o nella disposizione degli elementi grafici, all’interno di un’immagine, uso sempre i numeri e la matematica come riferimento. Il computer poi ha certamente ampliato le mie capacità grafiche, introducendo nuovi strumenti creativi e nuove dimensioni operative, come la modellazione e l’animazione 3D, che sono mondi digitali straordinari, assolutamente “oltre” la semplice matita.
RGP: Sei capace di programmare e se si quale linguaggio conosci?
ALFREDO: No, non conosco alcun linguaggio di programmazione, il mio interesse è sempre stato rivolto esclusivamente alla grafica e alle tecniche di animazione 2D/3D. Posso dire che conosco un po’ di html, ma niente di approfondito. Chissà forse in futuro…
RGP: Cosa ti ha spinto ad avvicinarti al mondo del computer e nello specifico alla grafica digitale e al mondo dei videogames?
ALFREDO: La necessità di interagire con la fantasia probabilmente mi spinse a giocare con i videogames e poi anche a crearli. Nel digitale trovai subito quella dimensione strutturale fatta di riferimenti matematici che soddisfaceva ampiamente la mia ricerca di perfezione.
RGP: Prima di diventare sviluppatore di videogiochi utilizzavi principalmente Amiga o PC per i tuoi lavori amatoriali e per giocare?
ALFREDO: Avendo già il C-64 non potevo che rimanere in casa Commodore, quindi esclusivamente Amiga. E’ stato il computer con il quale ho iniziato la mia avventura digitale e dove i giochi erano finalmente di alta qualità sia nei colori, sia nella risoluzione.
RGP: Tecnicamente parlando cosa apprezzavi principalmente delle due macchine e cosa invece non sopportavi proprio?
ALFREDO: Non ebbi Amiga e PC contemporaneamente, quindi il problema non mi si è posto. C’è da dire che i 256 colori simultanei dell’Amiga erano una manna per ogni grafico, figuriamoci poi averne 4096 in modalità HAM! I giochi erano fantastici, con grafica e audio da sala giochi e quindi c’era di che esser soddisfatti.
Il PC credo che fosse ancora troppo limitato in quel periodo e quindi poco “appetibile”.
RGP: Quali videogames ricordi con maggior affetto (naturalmente fra quelli NON realizzati da te)?
ALFREDO: Ce ne sono davvero tanti… sicuramente quelli giocati assiduamente e con la voglia di arrivare alla conclusione! Soprattutto gli Arcade adventures “a labirinto” e “isometrici”, gli spaziali “shoot’em up” e quelli di strategia.
Per lo Spectrum è facile ricordare Atic Atac e Sabre Wulf (dell’Ultimate Play The Game), Ant Attack (della Quicksilva) e poi Starquake (della Bubble Bus Software).
Ricordo che con questo tipo di giochi disegnavo la mappa su carta man mano che avanzavo nell’esplorazione! Tutti videogames che ho poi giocato nuovamente nella versione per C64, con il quale non c’era certo da annoiarsi! Sul Commodore amavo soprattutto i giochi con la musica di Rob Hubbard: Light Force, Sanxion, Delta…ma anche quelli di Andrew Braybrook: Paradroid, Uridium, Morpheus e altri ancora come Ghost’n Goblins, The Sacred Armour Of Antiriad.
Su Amiga invece ricordo con affetto il capolavoro della Cinemaware Defender Of The Crown, che ho completato non so quante volte!
RGP: Quando hai capito che la tua passione sarebbe potuta diventare un lavoro?
ALFREDO: Potrei dire da sempre! Pensandoci bene mi viene da sorridere…perché da bambino ero convintissimo che da grande avrei fatto il “cartellonista pubblicitario” (vista la mia abilità nel disegno). Direi che fin dalle elementari ebbi le idee molto chiare sul fatto che la GRAFICA sarebbe diventata la mia strada lavorativa e infatti, è stato così!
Non potevo certo immaginare che al posto di carta e matita avrei usato computer e mouse!
RGP: Holodream Software, un nome che ti riporta indietro nel tempo di circa 15 anni! Ci vuoi raccontare qualcosa in proposito?
ALFREDO: HoloDream Software fu un sogno divenuto realtà! L’ambizione di lavorare in una Software House Italiana cominciò subito dopo la fine del liceo, quando avevo già ampiamente sperimentato la grafica su Amiga 500 Plus e mi stavo guardando intorno per cercare possibili occasioni lavorative.
L’idea di sviluppare grafica per videogiochi era il lavoro ideale al quale volevo arrivare a tutti i costi e non potevo certo immaginare che da lì a poco, insieme con altri appassionati, quell’idea sarebbe divenuta realtà, creando addirittura un marchio e una Software House tutta nostra!
Ricordo che eravamo a casa di Raffaele Valensise quando trovammo insieme il nome da dare al gruppo. Alla fine la scelta andò su HoloDream (sogno olografico) Software! Subito dopo creai e disegnai personalmente il marchio. Per la forma m’ispirai vagamente al logo di Shadow of the Beast della Psygnosis (le curve della H e della M), mentre per i colori pensai alla sfumatura RGB (Red, Green, Blu).
Tra i miei primi lavori in Holodream, ci fu l’intro di Warm-Up (con la Ferrari in 3D realizzata con il Deluxe Paint III!) e poi Top Wrestling, dove mi occupai del ring animato iniziale, dei fondali e della grafica di contorno. Seguì F17 Challenge poi Nebula Fighter (su PC).
Tutta la grafica che realizzai per Warm-up, Top Wrestling e F17 challenge, fu creata manualmente punto per punto! Nebula Fighter, invece, è stato realizzato completamente con il 3D Studio Max.
RGP: Come hai conosciuto i tuoi futuri soci Fabrizio Farenga e Raffaele Valensise ?
ALFREDO: Ero più che mai deciso a realizzare qualcosa in campo videoludico e leggendo le riviste del settore mi colpì subito un articolo riguardante la Genias (una Software House di Bologna), dove era menzionato Raffaele Valensise quale responsabile di Roma. Non ricordo come ma riuscii ad avere il suo numero di casa e così il primo contatto fu telefonico.
Nella cortese conversazione che avemmo, ricordo che mi suggerì di realizzare del materiale grafico dimostrativo, in modo da poter valutare le mie capacità quando ci saremmo visti nel successivo incontro. Mi armai di volontà e passione e con l’Amiga realizzai diverse sequenze, che avrebbero composto una sorta d’introduzione animata per un ipotetico gioco spaziale. Le tecniche che misi in campo furono veramente di qualità per quei tempi: non solo animazioni 2D (come espressioni facciali e movimento corporeo di un alieno umanoide blu), ma anche e soprattutto animazioni tridimensionali (come l’astronave che esce dall’hangar), il tutto realizzato con il Deluxe Paint III che non era certo un programma di modellazione e animazione 3D! Inutile dire che andò tutto benissimo e fui subito “arruolato”.
Fu nelle successive riunioni che incontrai Fabrizio Farenga, amico e collega con il quale collaboro tuttora.
RGP: Ci spieghi le fasi di realizzazione di un videogioco in Holodream?
ALFREDO: Prima di iniziare qualsiasi lavorazione, era solitamente redatto uno “storyboard”, in altre parole una sorta di sceneggiatura del prodotto, in modo da individuare gli elementi che si sarebbero dovuti creare nei vari reparti (programmazione, grafica, audio). In questo modo ciascuno aveva il proprio lavoro da svolgere e poteva procedere di pari passo con gli altri. Nelle riunioni che poi si facevano, si valutava il lavoro svolto e si realizzava un “demo”, man mano sempre più vicino al prodotto finale.
L’aspetto decisionale del gruppo è sempre stato gestito da Raffaele poiché era la persona con più esperienza nel settore.
RGP: F17 Challenge, uno dei vostri migliori giochi è stato distribuito dal Team 17 (la nota software house inglese che ha sfornato capolavori del calibro di Alien Breed e Project X tanto per citarne un paio) cosa più unica che rara per una software house italiana! Come siete riusciti a entrare in contatto con il Team 17 e con il loro boss Martyn Brown?
ALFREDO: Il merito fu di Raffaele Valensise che è stato il manager della Holodream fin dall’inizio. In quel periodo lavorava per un importatore di videogames a Roma e aveva modo di partecipare alle fiere del settore. Fu proprio durante una fiera a Londra che ebbe modo di incontrare Martyn Brown e di mostrargli il nostro gioco. Come dire: la persona giusta, nel posto giusto, al momento giusto!
Fu una vera soddisfazione lavorare per gli inglesi, gente veramente seria! Non credo di sbagliare dicendo che con F17 Challenge siamo stati il primo team italiano a vendere un videogame all’estero, con tanto di articolo apparso sul Messaggero il 30 giugno 1993!
WOPR: Mi sembra che Holodream abbia sviluppato principalmente giochi su Amiga rispetto al PC! Come mai questa “discriminazione videoludica”?
ALFREDO: Direi che è stata più una questione pratica che una discriminazione: tutti noi della HoloDream possedevamo solo l’Amiga come computer su cui lavorare ed eravamo appassionati ed esperti solo di quella macchina, non potevamo fare altro che usare quello che già avevamo e conoscevamo.
Il PC venne in seguito quando ormai l’Amiga era in crisi e allora ci fu un cambio di macchina.
RGP: Tornando ad Holodream sul sito www.holodream.it/nebula.htm viene pubblicizzato Nebula Fighter per PC, uno sparatutto apparentemente mai commercializzato. Ci parli brevemente di questo progetto e per quale motivo esso non venne mai distribuito?
ALFREDO: NEBULA FIGHTER (costato a me e Fabrizio 3 anni di lavoro), è stato in pratica l’ultimo videogame sviluppato sotto il marchio HoloDream (in partnership con la texana One Reality) e fu l’unico titolo a far capolino sul mercato U.S.A. Fabrizio si occupò ovviamente del codice mentre è mia la grafica, le animazioni e il concept di gioco. La musica e gli effetti sonori furono gestiti direttamente dal partner texano perché purtroppo le ottime tracce proposte da Nicola Tomljanovich non furono prese in considerazione, (probabilmente per interessi interni), infatti, la parte audio fu creata dai “Power of Seven”.
Nebula Fighter vanta oltre 10.000 frames di grafica pre-renderizzata, 21 livelli di azione, gioco cooperativo, boss di fine livello in cinematica inversa e un concetto di gioco avvincente (l’armamento può essere potenziato “rubandolo” al nemico). Purtroppo la distribuzione subì molti mesi di ritardo (dovuto al fallimento inaspettato del publisher iniziale) e Nebula Fighter fu quindi commercializzato in Europa in edizione limitata, dalla Midas Interactive Entertainment. In seguito fu distribuito in America dalla eGames, dove trovò un discreto mercato solamente inserito in diverse compilation di giochi.
Purtroppo non è mai uscito in Italia.
RGP: Mi dici tre titoli e tre macchine (vecchie o attuali) che porteresti sulla famosa isola deserta?
ALFREDO: Paradroid, Defender of the Crown, The Elder Scrolls IV: Oblivion. Quindi, C64, Amiga e PC.
RGP: Attualmente ti occupi ancora di videogames o hai abbandonato il settore per dedicarti ad altro?
ALFREDO: Ora sono grafico libero professionista (Freelancer designer) e mi occupo di grafica a 360° (2D/3D/WEB).
Collaboro principalmente con la Digital Power di Fabrizio Farenga (che si occupa anche di videogames), con la Rabbit Video (Authoring e lavori tipografici) e con altre aziende o privati (anche a livello internazionale, se capita).
Sono naturalmente rimasto nel settore ma senza avere progetti videoludici all’orizzonte per il momento… L’iPhone potrebbe essere il terreno fertile del futuro e quindi vedremo se con Fabrizio potremo sviluppare qualcosa in merito.
RGP: Moltissime persone, tra cui il sottoscritto, si chiedono se Holodream Software sia ancora in attività perché esiste un sito, ma non sembra aggiornato…Hai notizie in merito?
ALFREDO: Holodream Software non ha progetti in sviluppo da molti anni ormai. Abbiamo tutti intrapreso strade alternative soprattutto per necessità economiche, ma la passione per i videogames rimane e credo ci accomuna sempre. Il sito è gestito e mantenuto da Fabrizio ma non è aggiornato.
Personalmente parlando, sto creando il mio sito, dove inserirò sicuramente una ricca sezione dedicata esclusivamente al nostro marchio Holodream Software e a tutta la sua storia!
RGP: Secondo te ci sarà la possibilità di vedere nuovamente un gioco per PC o console targato Holodream?
ALFREDO: Credo sia improbabile su PC e console…ormai il mercato dei videogames richiede tempo e mezzi di livello industriale, che sono abbastanza difficili da sostenere per un piccolo gruppo di persone. Con Fabrizio si è parlato di possibili lavori su iPhone, magari anche un porting dei nostri giochi, almeno per iniziare. Naturalmente resto a completa disposizione qualora Fabrizio voglia procedere in questo senso! Diciamo che Holodream è un potenziale che un giorno potrebbe risvegliarsi…
RGP: Un’ultima domanda: se ti chiedessero di realizzare un’ultima volta un videogioco cosa risponderesti?
ALFREDO: Assolutamente SI! Sperando anche che non sia l’ultima volta!!
RGP: Lo speriamo anche noi giocatori!
Siamo arrivati purtroppo alla fine di questa interessantissima intervista! Non posso che ringraziare nuovamente Alfredo per aver pazientemente atteso l’invio delle domande per l’intervista…E’ stata dura ma ce l’abbiamo fatta!
ALFREDO: Grazie a te per l’intervista e per aver atteso con pazienza le mie risposte!