Quando un personaggio del calibro di Bonaventura Di Bello ti propone di pubblicare una sua intervista in esclusiva al creatore di un documentario celebrativo su Jet Set Willy e Matthew Smith, la risposta non può che essere “PRESENTE“!
Robert “RGP” Grechi
In un per niente freddo mezzodì di Novembre, quando sei ormai lontano anni luce da un mondo che ha rappresentato per te una fase ‘fondante’ della gioventù, ti può capitare che qualcuno spalanchi le porte della memoria e ti costringa (si fa per dire) a rituffarti in un universo di pixel, collisioni fra sprite e minimalismo cromatico.
È proprio quanto mi è successo qualche giorno fa, quando fra le notifiche della posta elettronica mi spunta un messaggio di Paolo Santagostino, fratello del mio amico ed ex collaboratore editoriale Carlo Santagostino, che probabilmente non ‘sentivo’ da una vita e mezza, il quale mi fa sapere di un suo progetto, un documentario celebrativo su Jet Set Willy (e di conseguenza su Matthew Smith, il suo creatore), e mi offre la possibilità di vederlo. Possibilità che si trasforma in un vero e proprio viaggio nel tempo, in cui l’effetto quasi onirico dell’abile gioco di zoomate e panoramiche accompagnato dalla voce dei ‘testimoni’ e da splendide musiche altrettanto celebrative della storia videoludica oltre che perfettamente incastonate nelle ‘riprese’, rendeva perfettamente l’atmosfera psichedelica di quello che è stato sicuramente uno dei videogame più popolari dello ZX Spectrum.
Ora, tanto io quanto i fratelli Santagostino (dei quali Carlo come dicevo mi ha accompagnato nella mia prima, grandiosa avventura editoriale videoludica giovanile) siamo stati felici possessori, e di conseguenza “fan sfegatati”, dell’home computer di casa Sinclair, e i suoni scarni emessi dal processore e dal piccolo altoparlante della prima generazione, assieme all’esiguo numero di pixel e di colori della sua grafica, hanno accompagnato una buona parte della nostra primordiale esperienza informatica negli Anni Ottanta, quel magico decennio in cui la transizione fra l’elettronica di consumo prettamente analogica e l’elettronica digitale del computer inteso come ‘prodotto di massa’ era accompagnata da una musica che ancora oggi impazza sulle radio e nelle discoteche, e da film che sono diventati ‘cult’ della cinematografia assieme ai loro personaggi.
Un documentario come WILLY, 48k About A Legend di Paolo Santagostino non poteva, quindi, che tenermi inchiodato allo schermo e avvolgermi in una nube di atmosfere retrò, facendomi ricordare ancora una volta come quelli che erano allora i miei coetanei, o addirittura più giovani di me, fossero in grado di trasformare una manciata di kilobytes in mondi e storie le cui strutture archetipali riuscivano a coinvolgerci per ore, o addirittura giorni e nottate, in una caccia all’ultimo livello e all’ultimo avversario da battere o evitare, mentre raccoglievamo preziosi punti e oggetti chiave durante il percorso.
L’eccellente documentario di Paolo, che personalmente ritengo un’opera d’arte nel suo contesto, è un sapiente mix di atmosfere audiovisive modellate sulla ‘mappa’ di Jet Set Willy e sul motore del gioco stesso, in un gameplay quasi ipnotico nel quale si incastonano preziose testimonianze e musiche celebrative sapientemente riarrangiate che a loro volta rievocano atmosfere ed emozioni che la storia dei videogame ha scolpito in modo indelebile dentro di noi.
Dopo aver visto, ascoltato e ‘goduto’ il documentario, non potevo esimermi dallo scambiare quattro chiacchiere con il suo autore, Paolo Santagostino appunto, e tirarne fuori un’intervista che vi ripropongo qui di seguito, e che affiderò (assieme al resto di questo articolo) alla cura di Robert Grechi, che ospiterà il tutto qui sul suo blog “RetroGaming Planet”, di cui ho personalmente seguito la nascita e la ‘crescita’ sin dai primi giorni di vita digitale, e che ritengo un’espressione inequivocabile di quella passione che solo un retro-gamer come Robert può esprimere con tanto entusiasmo (BDB poi ci accordiamo sull’importo del bonifico da farti….NDRGP)
Ecco, quindi, la mia chiacchierata con Paolo Santagostino a proposito del suo splendido documentario “WILLY, 48k About A Legend”.
BDB: Ciao Paolo, mi hai fatto davvero una splendida sorpresa con il tuo messaggio dell’altro ieri, e il tuo documentario mi ha ‘rapito’ sin dalle prime scene del ‘trailer’. Posso chiederti prima di tutto com’è nata l’idea di questo documentario e quanto ha a che fare con la tua professione, e come quest’ultima è stata a sua volta influenzata, eventualmente, dalla tua esperienza giovanile ‘a 8 bit’?
PS: Ciao BDB e grazie della bella recensione, sono felice di averti spalancato le porte dell’universo digitale 8-bit, o meglio della memoria di chi lo ha vissuto in prima persona…
L’idea del documentario nasce nel 2014 circa (ma forse era già in embrione nel 1984?) quando ho installato una versione di JSW per il mio smartphone e ho deciso di ri-disegnare a mano quello che nè io nè mio fratello eravamo riusciti a completare nel 1984, ovvero la mappa del gioco. Già di per sé, nel 2014, prendere foglio e matita e mettersi a disegnare stanza per stanza man mano che la si scopre sul gioco aveva un fascino “retro-analogico” che andava oltre il semplice ricordo infantile di noi generazione spectrumiana innamorata del buon Willy ed intenta a disegnarsi una mappa che non avrebbero mai finito…
Detto questo eravamo pur sempre nel 2014 e dopo venti minuti ho abbandonato l’idea e mi sono andato a vedere la mappa su Internet! Tra l’altro in rete ci sono meravigliosi siti di mappe dei giochi dello Zx Spectrum… Seppur breve però l’esperienza analogica del disegno ha creato la scintilla dell’idea di creare una “mappa vivente digitale” con l’utilizzo del mio software di editing.
Successivamente l’idea si è poi collegata alla visione che feci anni prima di “Spectrum Diamond“, un documentario sulla “scomparsa” di Matthew dalle scene, e da questa commistione è nata ufficialmente l’idea del mio lavoro che si è sviluppata ad intermittenza per quasi 4 anni.
La mia professione probabilmente senza JSW non sarebbe mai nata…forse…di sicuro il mio documentario su JSW non sarebbe mai nato senza la mia professione.
BDB: L’effetto che le zoomate e le panoramiche sul gameplay e sulla ‘mappa’ del gioco producono nel documentario è spettacolare, sicuramente anche grazie alla tua abilità nelle riprese vista la tua professione di cui hai fatto anche una missione didattica e formativa. Cosa hai sfruttato, tecnicamente, per ottenere queste sequenze e piani di ripresa? Puoi darci qualche dettaglio sulla procedura che hai utilizzato a livello ‘informatico’?
PS: Beh sì, le mie esperienze nella regia, montaggio e ripresa di cortometraggi e documentari possono certamente aver influito ma quello che ha maggiormente contribuito è stata sicuramente la mia abilità nell’utilizzo di Premiere, il software di editing che uso da quasi 20 anni e che ho iniziato ad insegnare alla CIVICA SCUOLA DI CINEMA LUCHINO VISCONTI di Milano.
Non sapendo programmare e quindi ricreare ex-novo la mappa “vivente” di JSW con un motore grafico e permettermi così di zoomare e fare panoramiche liberamente al suo interno mentre si gioca senza perdere la risoluzione ho deciso di adottare questo trucco: ho registrato con un emulatore dello ZX Spectrum i video in Full HD delle 60 stanze vuote e durante il montaggio/assemblaggio di questi 60 video ho integrato al suo interno il gameplay completo, anch’esso in Full HD e suddiviso a sua volta in 60 video corrispondenti alle 60 stanze percorse da Willy.
Ogni stanza vuota contiene in realtà Willy ma mentre registravo il video del gameplay con l’emulatore lo posizionavo fermo in un punto della stanza in cui non si incrociasse mai con gli altri sprite e registravo tutto finchè ogni oggetto/personaggio completasse il suo loop di animazione. Fatto questo non facevo altro che inserire il video della stanza nella mia timeline di montaggio e coprivo Willy con il colore di sfondo in modo che svanisse e la stanza risultasse vuota.
Quando si vede il mio documentario si ha l’impressione che il gameplay e le zoomate siano integrate nella engine del gioco ma in realtà è un trucco, un’illusione…ma del resto cos’è il Cinema se non una grande e meravigliosa illusione…
BDB: Non ho potuto fare a meno di notare, durante la visione del documentario, le splendide musiche ‘celebrative’ tratte da popolari videogame che hanno lasciato un segno nei decenni, fra cui ovviamente la colonna sonora dell’altra splendida prima opera videoludica di Matthew Smith, “Manic Miner”. Con quali criteri hai scelto le altre musiche, per curiosità?
PS: Manic Miner non poteva non esserci nel racconto della ascesa e declino di Matthew, anche in video e quindi ho trovato il modo di inserirlo dentro al gameplay di JSW oltre che omaggiarlo musicalmente. Il criterio con cui ho scelto invece le musiche di altri videogames è molto personale è dipende esclusivamente dal mio percorso videolulico privato ed intimo. Sono tutti giochi che ho amato molto e che sono stati importanti per la mia crescita nell’universo dei videogames. Se dovessi trovare un filo rosso che li accomuna ti direi quel sentimento di libertà ed esplorazione che mi hanno fatto innamorare di Jet Set Willy fin dalla prima partita.
“La Casa Di Jack” era il nome italiano perché il gioco lo avevamo trovato nelle fatidiche cassettine “pirata” che si trovavano in edicola. Sostanzialmente se escludiamo i due titoli di Matthew i giochi che ho voluto omaggiare musicalmente sono 5: PITFALL II, Tetris, Super Mario Bros, Tomb Raider e GTAIV. Con l’eccezione di Mario che è arrivato postumo, dato che noi in casa Santagostino non avevamo il NES (ma l’incontro con il simpatico idraulico era già avvenuto nei Bar e nelle Sale giochi grazie a Donkey Kong e Mario Bros), sono tutti giochi che fanno parte di quel percorso videoludico iniziato con l’Atari 2600 agli albori degli anni ’80 e che si è concluso con il PC e la PS3 nel 2013. Anche se in realtà non si è mai concluso e sono ancora oggi un giocatore. Gioco molto meno di prima ma mi emoziono sempre per un videogioco ben fatto, che sia tripla A o semplicemente indipendente.
Se ne vale la pena mi viene voglia di giocarci!
BDB: Con te e tuo fratello, che come sai mi ha coadiuvato più volte nei decenni nel mio percorso editoriale informatico, ho la passione per lo ZX Spectrum di Sinclair, ma nel tempo ho avuto modo di conoscere e utilizzare anche numerose altre ‘macchine’ a 8 e 16 bit. Qual è stata, invece, la tua esperienza in proposito, ovvero il tuo percorso informatico e videoludico post-Spectrum?
PS: Come sai mio fratello colleziona tutti i computer e le console che hanno fatto la storia dei videogames, non tutte però sono arrivate nella nostra casa subito.
Per il C64, ad esempio, inizialmente usavamo quello di Marco Mietta che ha lavorato con mio fratello per fare alcuni giochi ed anche il Vic20 prima lo avevamo visto solo a casa sua e di suo fratello Giorgio. Anche le console famose dell’epoca, che vedevamo nelle redazioni, sono arrivate tardi nella nostra casa e sono rimaste poco “esplorate” da un punto di vista del vissuto casalingo, come il Super Nintendo ed il Megadrive.
Se dovessi citare un computer ed una console che hanno segnato profondamente la mia esperienza nel percorso videoludico post-Spectrum sono sicuramente il Commodore Amiga e la PSX. L’Amiga ha lasciato un profondo segno anche in casa Santagostino, esattamente come aveva fatto prima lo Spectrum ed ancora prima l’Atari 2600 mentre con la PSX ci giocavo da solo e mio fratello si occupava sostanzialmente di crackare i giochi (spoiler retro datato…ormai non lo possono più mettere in prigione :)). Menzione speciale va data al mitico Game Boy che mi portavo in classe al liceo nel 1989 e con il cavetto “multiplayer” facevo della grandi partite a Tetris insieme agli amici. Non avendo avuto il NES devo anche ringraziare il Game Boy per avermi fatto scoprire la genialità di Super Mario in versione portatile…
BDB: Sappiamo che Matthew non ha avuto un’esistenza facile, nei decenni, ma sicuramente molti di noi lo considerano una ‘leggenda’ oltre che una persona dalle doti indiscutibilmente speciali visto ciò che ha saputo realizzare quando era soltanto un ragazzo e la maggior parte dei suoi coetanei i computer li utilizzava prevalentemente per giocare o digitare dei listati e imparere i rudimenti del BASIC. Qual è stata la sua reazione alla visione del tuo documentario? Ti va di condividere qualche sua affermazione a riguardo che ci permetta di cogliere l’emozione che sicuramente ha suscitato in lui la tua opera?
PS: La sua primissima reazione mi è stata solo raccontata da Paul Drury, grazie al quale ho potuto poi conoscere Matthew e presentare il mio lavoro in anteprima a Manchester. Erano in un pub di Liverpool e Paul aveva con sé il suo portatile ed una chiavetta con il mio documentario da vedere, chiavetta che poi ha regalato a Matthew immortalando il tutto in una foto che mi ha spedito via mail. Matt è stato felicemente impressionato dalla visione anche se non è tipo da troppe parole…
Esiste un video su YouTube del Panel che abbiamo fatto insieme a Manchester nel 2019, coordinato da Paul, per il festeggiamento dei 35 anni del gioco e per la presentazione del mio lavoro (che nel video è tagliato perché purtroppo il mio documentario non è ancora uscito ufficialmente in quanto sono alle ricerca di un produttore…). (Chiunque fosse interessato quindi si faccia avanti senza timore! NDRGP)
Matthew al pub la sera dopo il panel l’ho visto molto più loquace e contento che sul palco… Il periodo di creazione di JSW, a differenza di Manic Miner, è stato molto stressante per lui, se consideriamo anche il fatto che, per tutta una serie di ragioni legali che non sto qui a spiegarvi, lui non ha preso una lira da quel gioco… Da questo punto di vista ho però una piccola soddisfazione personale perché, il giorno dopo il nostro Panel, Matt ha firmato un accordo con una società di retro-games giocabili online per Manic Miner (I diritti di JSW sono ancora in mano ad avvocati ma senza quel gioco e senza il mio documentario l’accordo per Manic Miner probabilmente non sarebbe mai avvenuto) e così a fine giornata si è ritrovato 1000 dollari nel portafoglio con i quali si è preso un computer nuovo!
BDB: Come sai già, “Jet Set Willy” è una di quelle opere videoludiche indimenticabili che ha trovato, nel tempo, varie occasioni di tornare in auge quantomeno fra la community dei retrogamer, tanto grazie ai ‘mod’ quanto a seguito della riproposta in versione ‘mobile’. Come vedi, personalmente, questo amore nostalgico e mai sopito del nostro popolo di ‘nerd irriducibili’ verso una tecnologia e un ‘audiovisivo’ che molte delle generazioni successive considerano quasi obsoleto e per niente appetibile da un punto di vista fruitivo?
PS: La nostalgia mi piace, è un bel sentimento ma quello che sta succedendo con il retro-gaming secondo me non è soltanto amore nostalgico ma molto di più: l’attuale forza della scena indipendente, che per certi versi, da un punto di vista creativo e tecnico non ha nulla da invidiare con le produzioni tripla A trae la sua forza da quelle che sono state le radici della nascita dell’universo videogame che noi abbiamo avuto la fortuna di vivere in prima persona e che non sono e non saranno mai obsolete. E’ obsoleto solo ciò che è fatto male, senza idee, senza anima ma la creatività, quando funziona, non la puoi ingabbiare dentro a dei banali limiti tecnologici e generazionali…quello che è successo con JSW e la scena Mod, che non si è mai fermata dal 1985 ad oggi, ne è una dimostrazione ma, per fare un esempio più ampio ancora, pensa semplicemente a Tetris: credi forse che qualche bambino, o ragazzo, o adulto di oggi lo possa considerare per niente appetibile da un punto di vista fruitivo?
BDB: Hai altri ‘progetti nel cassetto’ o iniziative che vorresti attuare nel medio-lungo termine, sulla stessa falsariga del tuo documentario, e in tal caso potresti accennare qualcosa ai lettori di RGP?
PS: Mi piacerebbe convincere Matt a fare un nuovo videogioco con protagonista WILLY, ho già il nome: MEGATREE, ispirato come nome al gioco mai finito che doveva fare per C64 prima di eclissarsi dalle scene anche se in realtà, nel mio sogno, il nome deriva dal fatto che il gioco continua esattamente dove è finito JSW, ovvero con WILLY che ha la testa intrappolata nel WC, si libera e corre sul MEGATREE per pianificare la sua vendetta alla terribile Maria.
Ho già realizzato un mio sogno nel cassetto, ovvero conoscere Matthew ed ubriacarmi con lui la sera in un pub, chissà mai che possa prima o poi realizzare anche questo nuovo sogno…
BDB: Grazie di cuore per il tuo tempo e per le tantissime informazioni che ci hai fornito, Paolo, il nostro augurio è che il sogno di MEGATREE si avveri, ovviamente, ma che intanto possa anche completarsi l’iter necessario a rendere disponibile il documentario (liberatorie, ecc.), purtroppo frenato dall’emergenza contingente che ha rallentato o addirittura bloccato tanti progetti nel mondo, quindi auguriamoci prima di tutto che questa emergenza rientri e si possa riconquistare la nostra normalità quotidiana e goderci il tuo splendido documentario che a questo punto tantissimi spectrumiani (e non solo) vorranno scoprire nella sua interezza dopo aver visto il trailer.
PER APPROFONDIRE…
Alcuni video per chi volesse approfondire riguardo a Matthew Smith e ai suoi videogiochi.