INTERVISTA A MARIO BIANCHI: da MasterDraw per ZX Spectrum a Lupo Alberto su Amiga e…

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INTERVISTA SCRITTA DA MARIO BIANCHI SU TRACCIA DI RGP
 

Con Mario Bianchi andiamo (quasi) a chiudere la serie di interviste realizzate ai creatori della rivista RUN: un altro fondamentale personaggio redazionale che, come gli altri colleghi, ha fatto della propria passione un vero lavoro, lasciando la propria firma su una delle riviste per ZX Spectrum più famose ed innovative di quegli anni.

Robert “RGP” Grechi
 

Mario_Bianchi

 

RGP: Ciao Mario e grazie per aver accettato di realizzare questa intervista che, come saprai, fa parte di un progetto di “ricostituzione digitale” della storica rivista RUN per ZX Spectrum!

MARIO: Ciao Robert, grazie a te, mi auguro che l’intervista risulti interessante e che sia degna contropartita rispetto a quanto ti ho fatto aspettare…:)

RGP: Per cominciare ci racconti su quale macchina hai mosso i tuoi primi passi e qual è stato il primo linguaggio di programmazione imparato?

MARIO: Uh, si va giù subito pesante di regressione della memoria eh 🙂 Conosci un ipnotizzatore? Ho sicuramente iniziato su uno ZX Spectrum 48k, e di conseguenza il primo linguaggio che ho imparato penso proprio fosse il suo Basic. Impressionante pensare quanto è cambiato da allora, non solo in me ma soprattutto nel mondo del software e dei linguaggi!

RGP: Ti ritieni un’autodidatta della programmazione o hai seguito corsi specifici?

MARIO: Direi che mi posso considerare senz’altro un autodidatta, visto che la passione mi ha travolto intorno ai 14 anni, ovvero ben prima di poter avere accesso a un’istruzione vera e propria riguardante il settore; 14 anni, appena in tempo per dirottare la scelta della scuola superiore a un ITIS di Informatica (stavo per andare dritto al liceo artistico causa altra passione, stavolta per il disegno).
Un amico e compagno di classe (terza media…) mi mostrò il suo nuovissimo ZX80 poco prima che finissi l’anno scolastico, e fu vera e propria folgorazione: intravidi in quel trabiccolo un giocattolo dalle potenzialità immense, che aspettavano solo di essere plasmate con le proprie capacità e velleità inventive. E sto parlando, ripeto, di uno ZX80, che se aveva 1k – UN KILOBYTE – di memoria era tanto (spero di ricordarmi bene…)

RGP: Da adolescente eri il classico nerd che passava intere giornate (e nottate) sul computer a programmare oppure dedicavi il tuo tempo libero ad altro, relegando questa passione ai ritagli di tempo disponibili?

MARIO: Uhm, probabilmente molto la prima, anche se devolvevo parecchio tempo anche allo sport, alla musica e ad altri interessi paralleli. Senza dimenticare la scuola, ma su quello non facevo molta fatica, mi piaceva.
A parte sparutissimi episodi, non credo però di aver mai passato nottate intere sulla tastiera. Giornate si, parecchie, serate probabilmente qualcuna 🙂

RGP: Quando hai capito che questa tua passione sarebbe potuta diventare un vero e proprio lavoro?

MARIO: Molto gradualmente, senza momenti netti di demarcazione; durante la mia frequentazione dell’ambiente di RUN vedevo che stavo riuscendo a realizzare quello che avevo in mente, divertendomi e gradualmente portando a casa qualche soldino, approfondendo/aumentando le mie conoscenze nel campo e cimentandomi in progetti sempre più impegnativi, ma sempre facendolo senza che mi pesasse ; hai presente il detto tipo “Se riesci a trovare un lavoro che ti piace e ti appaga, alla fine non avrai lavorato un solo giorno della tua vita”…; a un certo punto mi sono trovato “impelagato” mani e piedi nell’informatica, quasi senza accorgermi!

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La cover esterna di un numero di RUN...

La cover esterna di un numero di RUN…

RGP: Ci racconti come è avvenuto il tuo ingresso nella redazione di RUN e qual’era il tuo ruolo nella realizzazione della rivista?

MARIO: Questo è un ricordo piuttosto nitido nelle circostanze quanto assolutamente nebuloso come collocazione nel tempo: un certo giorno, di cui appunto non ho riferimenti precisi, ma penso fosse estate, un tal amico di nome Gianni Restano (dovrai andare a beccare pure lui prima o poi, hint hint…) è passato a chiamarmi a casa e invece del consueto giro in bici di puro sollazzo, mi ha detto “Andiamo a lavorare, facciamo un giro in Aquarius Edizioni”; entrambi conoscevamo già RUN e l’avevamo acquistato spesso, ma l’idea di “incontrarlo” fino ad allora non mi aveva nemmeno sfiorato; siamo quindi andati in Via Leopardi, se non erro sede originale e storica della redazione di RUN, che credo fosse uscito solo da pochi numeri; abbiamo incontrato Simone Maiocchi (Presto una succulenta intervista anche per lui!NdRGP), sostenuto una specie di informale colloquio conoscitivo; da lì è cominciato un rapporto di collaborazione durato parecchio tempo, in particolare con STEED KULKA e EUGENIO CICERI con cui io e Gianni interagivamo direttamente.
Simone era abbastanza serioso, almeno nei primi tempi, idem per Steed. Eugenio, beh, ha rivelato ben presto la propria guasconeria 🙂

RGP: Solitamente quando si parla di riviste informatiche/videoludiche è normale pensare ad un ambiente allegro e spensierato dove, solitamente, i redattori trascorrono la maggior parte del loro tempo a provare nuovi videogames o programmi, divertendosi. Come definiresti invece l’atmosfera redazionale di RUN? Aneddoti o curiosità che ricordi con affetto?

MARIO: Appunto, come dalla frase che conclude la risposta precedente …io e Gianni più che altro lavoravamo a casa, passando in redazione solo quando avevamo novità da presentare; ci stavamo divertendo con un paio di progetti non prettamente videoludici, uno relativo a un programma di disegno dal nome MasterDraw (immagino già Eugenio che leggendo questo nome sobbalzerà sulla sedia perché si ricorderà che a un certo punto continuavamo ad aggiornarlo, portando in redazione incessantemente nuove versioni) e più avanti un altro che, in pratica, era un embrione di interfaccia a icone per i tempi. Su Spectrum, un completo paradosso!
MasterDraw era un semplice editor per disegnare e colorare forme in modalità bitmap, in pratica fare grafica, sulle orme di Melbourne Draw che ai tempi era il modello per questo tipo di applicazioni sullo ZX Spectrum.
In ogni caso l’atmosfera in redazione era fantastica, perché pervasa da un grande entusiasmo ma anche, vista l’età media non elevata, da un intenso spirito scherzoso e goliardico: Eugenio era più vulcanico e prodigo di scherzacci a getto continuo, Steed solo apparentemente più tranquillo ma in realtà mandante e promotore di infinite iniziative mefistofeliche. Un gran bel clima per lavorare e crescere professionalmente, comunque, perché ci si cimentava anche con tematiche tecniche decisamente dense (per quanto non sempre prettamente accademiche, a partire dal reverse engineering fino alla sfida dello sblocco di protezioni varie…).
Aneddoti? Abbastanza, ma c’è la legge sulla privacy …:D
Diciamo che ad esempio un giorno entrando in redazione fummo accolti da rumore (e odore) di miccette che scoppiavano ed una segretaria che correva nel corridoio imprecando contro qualcuno, ti lascio immaginare chi…

Oppure, Masterdraw aveva moltissimi shortcut di tastiera, ma il tasto “Z” non faceva nulla; allora facemmo in modo che se si premeva Z compariva un messaggio del tipo “Chi ti ha detto di premere Z, bamba?” – era un easter egg poco gentile… Qualche settimana dopo la pubblicazione di MasterDraw, arrivò in redazione la lamentela di un utente che era incappato nel messaggio, lamentandosi del termine offensivo utilizzato (“Bamba”) 😀 😀 😀
Come già accennato, c’era una alchimia micidiale tra energie devolute allo scherzo e altre dirette e concentrate al lavoro; per quanto non abbia mai seguito direttamente l’attività, era comunque tangibile la considerevole fatica connessa alla preparazione e alla finalizzazione di un numero di RUN, tra articoli, programmi, approfondimenti di tecniche, recensioni ecc. E c’era anche un bel parco di collaboratori, (quasi?) tutti piuttosto giovani e animati dallo stesso spirito, per quanto diversi e eterogenei per caratteristiche umane e personali.

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I "Credits" di RUN...

Il “Tamburino” di Run dove compare anche Mario Bianchi

RGP: Hai partecipato anche tu alla realizzazione del Camel Trophy Videogame (noto con il soprannome de Il Gibbuto)?

MARIO: Frequentando sporadicamente la redazione, quasi da spettatore, ma percependo in modo molto nitido la “sofferenza” dovuta alle varie peripezie del suo percorso di realizzazione (temerario, l’hai nominato, io non lo farò…)
 

(Se volete leggere la (divertentissima) storia completa della realizzazione del Camel Trophy Videogame, vi suggerisco ci visitare il sito RESCOGITA.COM di Steed Kulka. NdRGP)
 

RGP: Terminata l’avventura in RUN sei passato alla Digiteam di Eugenio Ciceri e Steed Kulka. Cosa ci puoi dire a riguardo?

MARIO: Il passaggio alla Digiteam è avvenuto dopo altre esperienze lavorative avute nel frattempo, anche abbastanza accidentate; avevo anche iniziato l’università, ma è stato un piacevole ritorno a un modo di lavorare divertente, seppure di impronta un po’ più seriosa e professionale, comunque formativo e di ulteriore crescita; siamo nei primi anni Novanta (forse prima?), già molte cose stavano cambiando nell’informatica, e anche Digiteam aveva finalità e connotazione diversa dall’Aquarius Edizioni. All’inizio è stata gran palestra sul linguaggio C, contestualmente all’atterraggio sul mondo Amiga, ma intanto avevo già messo le mani, anche se in maniera prettamente scolastica, sui PC; ai tempi Windows per noi era IL MALE, un sistema instabile, pachidermico e che a dispetto di ciò si stava imponendo sul mercato, contro Amiga che rimaneva di nicchia pur dimostrandosi senza dubbio, nella nostra visione, assolutamente superiore sotto tutti gli aspetti – tranne appunto la capacità di marketing e conseguente penetrazione sul mercato – e ho usato il termine “penetrazione” non a caso purtroppo 🙁

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Mario Bianchi (coautore di Lupo Alberto) in compagnia di Gelmina Beccegato, altra collaboratrice storica di Digiteam

RGP: Immagino che passare dallo ZX Spectrum all’Amiga non sia stata cosa facile, considerate le enormi potenzialità di quest’ultima rispetto alla macchina Sinclair…

MARIO: E’ stato non semplice, ma emozionante; con Amiga si aprivano scenari che per lo Spectrum erano semplicemente inimmaginabili, come prestazioni, risorse e potenzialità di espressione della propria creatività; è impressionante come molti considerino la programmazione come attività spiccatamente scientifica, quando invece offre così tante opportunità di liberare la fantasia (quanti modi esistono per raggiungere un obiettivo…). Tornando ad Amiga, lo consideravamo appunto tutti enormemente superiore ai PC, come concetto e realizzazione tecnica. Eravamo tutti piuttosto integralisti a riguardo, e ancora oggi credo che ci fossero molti elementi concreti per sostenere tale orientamento, aldilà di quello che il mercato ha poi tristemente decretato; la storia dell’informatica e delle telecomunicazioni credo sia lastricata di situazioni simili, vedi più avanti per qualche esempio.

INDICE CONTENUTI

LUPO ALBERTO


 

RGP: Di cosa ti sei occupato in Digiteam?

MARIO: Sviluppo, sviluppo, sviluppo (beh dai anche analisi, alla fine molto di quanto ho fatto è stato anche in parte pensato da me in concerto principalmente con Eugenio e Steed); inizialmente giochi semplici, originali, per la rivista Amazing Amiga.
In questa fase ho imparato a programmare in C su Amiga, e a sfruttare i coprocessori per suono e grafica. Erano esercizi sulla falsariga di Pac Man, Manic Miner o Space Invaders, rudimentali esempi di labirinto, platform o shoot ‘em up, tutto rigorosamente in 2D, in cui ho imparato come strutturare un videogioco, come integrare grafica suoni e logiche ecc. In pratica come, e probabilmente ancor meno, dei giochi più semplici che oggi vedi girare su Facebook o su uno smartphone… :O
Di lì a breve, qualche mese credo, si presentò il progetto del videogame di Lupo Alberto, di cui io e Eugenio scrivemmo gran parte del codice; eravamo già ai limiti delle performance ottenibili sui clamorosi 7 MHz di clock di Amiga 500, coprocessori compresi, per cui dovemmo implementare alcune parti in assembly, ottimizzandolo manualmente in modo a tratti anche sostanziale per limare i cicli di CPU.
La notte prima della conferenza stampa di presentazione fu l’unica nella mia carriera, ancora ad oggi (falso! Nel frattempo proprio negli ultimi mesi ne ho fatta un’altra, azz…), passata interamente a lavorare; infatti non partecipai all’evento perché ero sfatto dalla nottata trascorsa a finalizzare e rendere presentabile la versione che venne mostrata. Nei giorni successivi apportammo i ritocchi finali (fra i quali la correzione a un odioso rimbalzo che si verificava quando Lupo Alberto saltava ai limiti dello schermo e che dette appunto un po’ di fastidio alla presentazione, risultando il difetto più eclatante) e fu fatta.
Ricordo che pochissimi giorni prima della consegna andai da un amico (lo stesso dello ZX80!) per incontrare a sua volta un suo conoscente che aveva un Amiga con una nuova versione dei chip grafici (il Blitter in particolare, FAT Agnus se non sbaglio, i nostri Amiga invece erano tutti delle generazioni precedenti): ci era stato segnalato che su tale versione il gioco si incriccava; una volta analizzata la situazione, preparammo una versione con degli accorgimenti che potevano potenzialmente risolvere, ma senza avere a disposizione velocemente un esemplare con la configurazione critica: fortunatamente abbiamo potuto fare questo giro, verificando che la correzione funzionava 🙂
Mi fa molto piacere, e per certi versi un po’ mi spaventa, vedere che ancora dopo tanti anni Lupo Alberto rimane patrimonio non dimenticato nel panorama retrogame italiano (c’è gente che si è filmata e ha messo la partita su You Tube!).
Dopo Lupo Alberto ho trascorso qualche mese in catarsi extra Digiteam, concentrandomi sull’università e su altri lavoretti extra.
In seguito mi sono occupato, tornando in Digiteam, di un sistema di authoring per applicazioni multimediali per CD32 (credo furono realizzati corsi e test su CD per vari clienti con quel sistema, che battezzamo HAMMER, acronimo di Highly Advanced Multi Media Engine Resource). Infine collaborai alla realizzazione di un videogioco basato sull’antica Grecia, che però, nonostante fosse innovativo, basato su consulenze di storici qualificati e ricco di effetti grafici suggestivi, non venne mai commercializzato a causa di spiacevoli inconvenienti legali.
Questo periodo è stato però bellissimo perché appunto il gioco era notevole, si interagiva con esperti storici e ci si divertiva molto ascoltando Radio Deejay – se non sbaglio lavoravo solo il pomeriggio – e in quei tempi DJ Albertino e DJ Giuseppe facevano veramente (ma veramente!) ridere.
Nel frattempo continuavo a studiare, nel 1999 mi sono laureato e la mia strada si è divisa da quella di Digiteam, che era già comunque in fase calante (o di trasformazione, si stava allontanando dal software puro avvicinandosi a quello editoriale in cui poi Steed ha “scavallato”).

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Immagine su concessione del sito www.rescogita.com di Steed Kulka

Immagine su concessione del sito www.rescogita.com di Steed Kulka

RGP: Anche tu, come i tuoi colleghi Eugenio Ciceri e Steed Kulka, sei diventato sviluppatore ufficiale Amiga?

MARIO: No, non ho mai ottenuto titoli e certificazioni “ufficiali” a riguardo.

RGP: Domanda scontata ma necessaria: un parere sulla macchina Commodore?

MARIO: In parte ho già sviluppato il tema ma lo riprendo volentieri: ritengo che Amiga fosse un grandissimo progetto che sarebbe potuta diventare, sfruttando i miglioramenti tecnologici per “il ferro” e l’evoluzione di linguaggi e sistemi operativi negli anni a venire, qualcosa di simile a ciò che poi è diventato Linux, come filosofia e connotazione, unendo però un OS moderno, razionale ed efficiente con un hardware potente e flessibile; ancora oggi faccio però fatica a pensare che Amiga avrebbe potuto soppiantare Microsoft e Apple come piattaforma mainstream: purtroppo l’entusiasmo suscitato su sviluppatori e utenti non è stato alimentato e supportato a sufficienza dalla casa madre, le cui sconsiderate vicissitudini commerciali hanno portato a un lento ma inarrestabile declino.
Rivedendo all’indietro la situazione dopo tutti questi anni, non posso fare a meno di pensare che in fondo Amiga non è mai riuscita a uscire veramente da un mercato di nicchia, nonostante i notevolissimi numeri che poteva vantare, specialmente in termini di authoring video e, perché no, musicale. Ma anche sparando i suoi colpi dalla nicchia ha saputo dire la sua e lasciare un’impronta su tantissime persone; ancora oggi incontro un sacco di Amighisti…
Ad esempio, sono sempre stato innamorato della “Demo Scene” nata praticamente su Amiga, e solo di recente ho saputo che ha proseguito in tutti questi anni, a dispetto del tramonto di Amiga, ancora su di esso ma esondando anche sui PC (vedere scene.org, nv.scene.org e pouet.net per credere), e ora sta virando, in qualche modo perpetuandosi, sui dispositivi mobili che ormai hanno maggior potenza dei sistemi Amiga più carrozzati del tempo. Il cerchio è completo, o quasi…

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La cover di un numero di Amazing Amiga...

La cover di un numero di Amazing Amiga…

RGP: Secondo te qual è stato il motivo principale che ha causato la dipartita di Commodore, nonostante l’indiscussa qualità della macchina Amiga?

MARIO: Tra i tanti, forse l’incapacità di imporre commercialmente il prodotto capitalizzando la sua valenza tecnica, magari creando alleanze strategiche e killer application o imponendo una vision alternativa (vedi Apple…).
Ma non mi sento certo un luminare del settore, quindi considera la mia come umile e semplice opinione da informatico “della strada” quale sono senz’altro rimasto. Per di più vintage ormai 😀

RGP: Amiga avrebbe dato del filo da torcere alle macchine attuali se Commodore fosse rimasta “in vita” fino ai giorni nostri?

MARIO: Se appunto avesse proseguito l’evoluzione dell’OS, introducendo di pari passo hardware aggiornato ai tempi, forse sì. Ma alla fine, come si sa molto spesso sono le logiche commerciali che prevalgono, aldilà della validità prettamente tecnica – vedi Linux Vs Microsoft/Apple, Betamax Vs VHS, HD DVD Vs Blue Ray ecc.

RGP: Una volta conclusa anche l’esperienza Digiteam di cosa ti sei occupato?

MARIO: Indovina….Informatica! 🙂 Una volta laureato ho iniziato a lavorare “per davvero”, sempre in piccole aziende nelle quali ho imparato un po’ di tutto su hardware, software, networking, web e database ecc. Da un paio di anni sono in un contesto un po’ più strutturato in cui, un po’ io e un po’ gli altri intorno ci siamo accorti che ho maturato anche qualche skill di analisi e gestione; quindi sto alzando un po’ le mani dalla tastiera – in parte a malincuore, ma non del tutto, c’è ormai troppa gente che sviluppa in modo molto più efficiente di me e che ha capacità di apprendimento oggettivamente superiori – l’età avanza, c’è poco da fare 😉

RGP: Cosa pensi dei vari blog/siti dedicati al retrogaming e dei numerosi musei informatici e videoludici che negli ultimi anni hanno visto la luce in italia?

MARIO: Mixed feelings, come si dice; per certi versi fa piacere guardarsi indietro rivedendo quello che si è fatto e ripercorrerlo; d’altra parte, di indole tendo sempre a guardare avanti, quindi temo un po’ queste iniziative che presentano il rischio di fossilizzarsi e impigrirsi, entrando in loop con il passato e le (auto)celebrazioni. Il tempo galoppa, e ahimè bisogna tentare di inseguirlo, o, se si riesce, perfino starne al passo. E sono convinto di poter lasciare ancora qualche segno con i miei “movimenti” nel magico mondo della tecnologia e dell’informatica.
Ciò non toglie che nella mia mansarda abbia ancora sia gli Spectrum che l’Amiga, ma non li riesumo praticamente mai. Anzi, se a qualche collezionista o espositore dovessero interessare… Eugenio mi ha detto che lui è già a posto 🙂

RGP: Per concludere, se ti venisse proposto di realizzare un ultimo progetto o una “rimpatriata” con i tuoi ex colleghi di RUN e Digiteam, cosa risponderesti?

MARIO: Valuterei certamente la cosa, ma non la accetterei ciecamente solo per il gusto di farla. Ho tante passioni, una famiglia e un lavoro “challenging”, insomma una vita intensa – come hai visto da quanto tempo c’è voluto per strapparmi queste righe 🙂

RGP: Anche questa volta l’intervista è giunta al termine. Ti ringrazio quindi per la disponibilità e per avermi dato, con il tuo contributo, la possibilità di continuare il progetto RUN.

MARIO: Grazie a te per l’opportunità di dire la mia e scusa di nuovo per l’immenso tempo che ti ho fatto attendere e la pazienza che ti ho fatto consumare… Spero ne sia valsa la pena, anche se solo in parte 🙂

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Autore: Robert Grechi

Nato nel 1977 ho vissuto in prima persona la nascita dei videogames fin dal lontano 1982, anno in cui entro in possesso di uno splendido Colecovision e con il quale comincio la mia “carriera” videoludica! Da allora è stato un susseguirsi di Home Computer e Console che hanno ampliato ulteriormente l’interesse per i videogiochi al punto da aprire, nel mese di Luglio 2009, il blog Retrogaming Planet interamente dedicato al mondo videoludico anni ’80 – ‘ 90!

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