Quest’oggi il nostro Francesco “Kundraal” Romano, si addentra per l’ennesima volta, nei meandri delle colonne sonore che hanno fatto la storia degli anni’80…Colonne sonore di pellicole che hanno accompagnato la nostra infanzia e che, sovente, hanno generato videogiochi dalla qualità, purtroppo, discutibile.
Dall’alto della sua infinita conoscenza musical-cinematoigrafica, il buon Kundraal ci presenta un vero e proprio “trattato musicale”, analizzando traccia per traccia, quelle colonne sonore che hanno fatto da sottofondo ai migliori film d’azione di quegli anni!
Mettetevi quindi comodi ed assaporate la prima parte di questo speciale con l’ovvio invito, da parte nostra, di recuperare tali soundtrack o, almeno, collegarvi a YouTube per avere un assaggio di questi capolavori!
Robert “RGP” Grechi
’80s Soundtrack Top Ten ovvero le colonne sonore che conosciamo a memoria ma delle quali nulla sappiamo…
La recente super rivalutazione di un certo cinema di genere fantastico/sci-fi/horror, circoscritto nella decade ottantiana (ma anche per tutto ciò che può avere un alone di cult/retrò), sta arrivando a preoccupanti livelli di fanatismo, sorprendentemente anche per chi non c’era all’epoca o se n’era semplicemente fregato di tutto uno (pseudo) filone cinematografico inteso come puro divertissement. C’è una spiegazione, anzi più d’una se andiamo scandagliando tutti i motivi e le dinamiche dei gusti degli odierni spettatori (ormai, grazie alla conoscenza estesa che l’informazione in rete permette, decisamente più a tutto tondo come non mai nella storia dell’entertainment), a tutto questo interesse postdatato…
Innanzitutto il pubblico più che mai disposto ad una visione più ampia di cinema, di generi e di stili, di qualsiasi epoca o corrente. In seconda istanza sicuramente l’incapacità di un certo cinema odierno di saper colpire o di rendere un prodotto concreto e duraturo come i ben noti classici dei vari ambiti. Colpa di scelte estetiche e produttive volte solo a rilasciare “prodotti” e non opere artistiche. Qui, però, non si vuole intavolare una filippica sul meglio/peggio di ieri/oggi ma soffermarci su un aspetto che ha reso mitici (e purtroppo con risultati raramente ripetibili) molte delle pellicole di quel decennio, ovvero l’accompagnamento sonoro delle pellicole: le soundtracks.
Anche queste pare siano tornate ad un certo interesse di pubblico, sia di ieri che di oggi, non solo riempiendo YouTube di intere soundtrack, (alcune rarissime ed altre, vero lavoro da freak, se mai pubblicate su nessun supporto, estrapolate dalle tracce sonore), ma ricercando vecchie stampe dove il vinile la fa da padrone (e fa schizzare i prezzi su Ebay!) o addirittura costringendo parecchie etichette a ristampare roba fuori catalogo da secoli!
Naturalmente non basterebbe un canale interamente dedicato per comprimere solo decentemente questo aspetto del cinema e solo in quel lasso di tempo; d’altronde di commenti sonori, anche “solo” interessanti e curiosi, ce ne sono da qui all’eternità (e penso siano materia per un altro speciale, possibilmente coi titoli più weird mai prodotti).
Parliamo quindi non di guilty pleasures (quindi non di nicchissima), ma di films effettivamente con pacchi di anni ed onorabilità sulle spalle, che ancora oggi tengono la morsa del tempo grazie ad elementi sì validi, ma che il trascorrere dei decenni ha decretato come inarrivabili picchi di cinema (di genere, va detto).
Tra gli elementi caratterizzanti di questi “immobili su celluloide” ci sono senza dubbio le parti sonore, veri e proprio pilastri che, se non solo valorizzano, danno propulsione e slancio alla pellicola dove serve.
Prendete quindi con le pinze quanto stiamo per scrivervi e consideratela come quello che non sarà certo un compendio, ma un’idea (però sbirciando qua e là nella rete, in tema di classifiche dell’epoca in questione si cade comunque nei soliti quattro nomi, fateci caso) per fare un sunto su quanto di buono ci ha proposto in chiave sonora il cinema degli ’80 sci-fi/fantasy/horror!
SHINING, AA.VV. 1980
Cominciamo con un classico del cinema: Kubrick doveva mettere la sua impronta in ogni dove dei reparti filmici ed il commento sonoro non era lavoro di poco conto per un autore come lui. Come nella maggior parte delle pellicole (o meglio, sin da quando ha incominciato ad avere il controllo totale della produzione delle sue opere, vale a dire da Dr. Strangelove – Dottor Stranamore in Italia – in poi) la musica in essi contenuta è un misto di brani già esistenti (se non addirittura estratti di composizioni lunghe) e di alcuni creati appositamente per la pellicola (come anche fu per 2001: Odissea Nello Spazio).
Di quest’ultimo tipo fanno parte la coppia di brani (Main Title, con gli spaventosi vocalizzi di Rachel Elkind, e Rocky Mountains) in apertura eseguiti dalla fidata mano di Wendy Carlos (già in Arancia Meccanica), che delineano un quadro inquietantissimo e spettrale su quello che c’aspetterà durante la visione della pellicola: qualcosa di molto vicino all’orrore assoluto. Dell’altro tipo fanno parte brani di compositori moderni come Penderecki, Bartok, Ligeti e brani classici di orchestre swing (il brano di chiusura Midnight, the Stars and You brano del 1934 di Ray Noble). Il lavoro di Kubrick sulla ricerca di suoni adatti alle immagini va pescando quindi tra i generi più disparati e nelle trame compositive decisamente contorte ed avanguardistiche, che più s’adattano in un quadro non certo di dozzinale horror/thriller come quello di Shining, portandolo ad una vastità sonora contigua a quella visiva.
Una soundtrack che va a scandagliare oltre il concetto di suspence per arrivare quasi nelle aree dell’insondato umano, risultando per forza di cose complessa, per un ascolto decisamente colto, ma che allo stesso tempo ha una chiara ed oggettiva bellezza.
1997: ESCAPE FROM NY – John Carpenter (1981)
Per la maggior parte delle sue pellicole Carpenter non ha mai scisso il lavoro filmico da quello musicale, suonando egli stesso, nella quasi totalità della sua cinematografia, le soundtrack dei suoi film. Il suo stile, influenzato dalle avanguardie elettroniche (Tangerine Dream su tutti) ha portato temi musicali alla notorietà più ampia, come quello di Halloween, Assault On Precinct 13 e ovviamente 1997: Escape From New York (il suo zenit creativo).
Il tema principale è ormai entrato nella storia degli action movie ma il resto della soundtrack si destreggia tra parti atmosferiche (ma dai suoni ossessivi) e altre, sforando quasi nel funk, rendendola da un lato ascrivibile agli elementi peculiari dell’epoca, dall’altro offrendo soluzioni di trame sonore che ancora oggi fanno scuola. La soundtrack è esattamente come il film: una corsa furibonda per una NY-prigione, ma non priva di momenti d’inquietante riflessione (Arrival At The Library). Per quanto le note più meno siano sempre le stesse, è mirabile l’uso delle varianti tonali in tutta la tavolozza di suoni sintetici utilizzata da Carpenter. Si passa dall’austerità di Back to the Pod, al già citato quasi disco/funk di The Duke Arrives/Barricades, all’alta tensione di 69 StreetBridge, fino all’incalzante Snake Shake, tanto per far capire che quando tocca dare una scossa di coolness, Carpenter sa il fatto suo.
Epica, movimentata e ricca di stile.
BLADE RUNNER – Vangelis – (1982)
Siamo nei meandri della leggenda: film da top ten di qualsiasi cinefilo. Soundtrack tra le più incredibili mai fatte! Incredibile per la stratificazione di livelli sui quali poggia tutto il commento sonoro… Orchestra, suoni sintetici, spoken word, cluster atmosferici.
Avete presente? Il titolo d’apertura, complemento inscindibile dalle immagini iniziali del film, è uno spalancarsi maestoso da un portale sul futuro. Un viaggio talvolta misterioso ma affogato di tecnologia (Blush Response) pieno di echi dal passato (Tales Of The Future e Damask Rose) che non lesina di emotività, come in Rachel’s Song (con la voce di Mary Hopkin) o come nel notissimo (ma in realtà facente parte, come milioni di brani, a quei “famosissimi sconosciuti” di cui conosciamo le note ma ignoriamo l’origine!) Love Theme.
Un impietoso sassofono blues scandisce le note del Blade Runner Blues, appunto, mirabile esempio di desolazione umana per le strade di metropoli future che di umano hanno ben poco. Completano il quadro Memories Of Green, brano già edito nell’album See You Later del 1980, ma terribilmente in linea con la traccia sonora del film (un pianoforte verticale che tesse note in un caleidoscopio di suoni decisamente elettronici oltre a quelli di un non bene identificato videogioco!) e il dittico Blade Runner – End Titles (poderoso incedere ritmico sotto una pioggia di effetti synth) e il monologo haueriano di Tears In Rain. Se il film ha avuto una gestazione non facile ed un destino avverso al botteghino per diventare poi uno dei cult movies più amati di sempre, la soundtrack ha avuto anche sorte anche più controversa: Vangelis, una volta completato tutto il lavoro, rimase scontento della decisione del regista Ridley Scott di utilizzare brani di altri autori (tra i tanti Gail Laughton, Ink Spots, Brian Eno) all’interno del film, tanto da non autorizzare la commercializzazione dei brani da lui composti.
Nonostante ciò, fu immessa sul mercato una versione della suddetta sonorizzazione ad opera della London Symphonic Orchestra per mettere una “toppa” sulla faccenda (versione troppo “leccata” ed edulcorata, a parer mio). Per fortuna, in concomitanza della versione Director’s Cut del film, nel 1992 venne riproposta su CD la colonna sonora originale, mostrando al mondo quanto fosse ancora attuale il suono dell’opera. Eppure, seppur soddisfacente a livello artistico, l’opera era ancora monca di parecchi passaggi, tanto che per il venticinquennale del film è uscita quella che dovrebbe essere una Definitive Edition di 3 CD, con i brani scartati dalla precedente versione nel secondo platter (su tutte, il climax di Deckard and Roy’s Duel), e dei nuovi presenti nel terzo (brani già noti quasi rimetabolizzati in chiave moderna, ma il confronto rimane impari con le composizioni dell’82).
Ribadisco il concetto: se il film si è rivelato uno sguardo sul futuro davvero fulgido come non mai nella storia della fantascienza cinematografica, la soundtrack ha valicato il concetto stesso di OST considerata la mole di materiale e della sua valenza, il fatto di essere stata “trattata” in più fasi e che ancora oggi non c’è una versione definitiva. E’ proprio dello scorso anno una limitatissima versione a 4 CD con tutti, ma proprio tutti, i brani presenti dal primo all’ultimo secondo della pellicola, dove troviamo passaggi del tutto ignorati nelle precedente versione (Bradbury Apartments, <Animoid Road (The Market) e la disco postmoderna di Salomé’s Dance), più versioni demo, trailers, i tanto vituperati brani degli altri autori ed inediti vari.
Da qualsiasi aspetto la si consideri, questa soundtrack è un’opera musicale mastodontica, zeppa di materiale, che ancora oggi fatica a prendere una forma definitiva.
ROBOCOP – Basil Poleoduris (1987)
Già in precedenza ho tributato l'”Uomo di latta” su questo blog (in quel caso fu il gioco del 1988 della Ocean) ma ritorniamo a parlarne per un altro aspetto vincente della pellicola, ossia il comparto sonoro, veramente tra le colonne sonore più belle dell’ambito e non solo. Sì, ci accontentiamo di un termine banale come “bella” per definire semplicemente quello che è nella sua interezza: un fulgido esempio di motivi memorabili e di potenza sonora tra le più maestose mai realizzate!
Come altrimenti può essere considerato, con un tema principale così imperioso e accattivante? Combattendo il crimine con un sottofondo così si è già vincitori! In molto casi, ascoltare colonne sonore senza l’apporto delle immagini potrebbe non essere coinvolgente come guardare il film, ma sfido chiunque ad ascoltare l’intera opera e non restare indifferenti a tutti i brani, come se si trattasse di una composizione musicale a sé.
Mostruose le sonorizzazioni, figlie del connubio tra orchestra e suoni synth (e negli anni ’80 era la prassi, ma poche soundtracks reggono la prova del tempo): dall’inseguimento iniziale (Van Chase) allo scontro con ED-209 (Robo VS. ED-209) passando alle struggenti Murphy’s Death e Home, per poi arrivare al colpo di coda finale, Showdown, di cui le trame portano ad uno svolgimento memorabile il brano. Curioso che, tra le note dello stesso Poledouris nella versione del 2003, si spieghi che per ottenere l’effetto “metallico” delle percussioni, si sia preso letteralmente a “mazzate” un estintore presente in studio (i mitici Abbey Road Studios), quasi ad avvicinarsi ad un clangore che facesse riferimento alla natura del protagonista e che si avvicina per modalità analoghe dei suoni con quella di Aliens di James Horner dell’anno prima.
Inspiegabile l’ordine della tracklist della OST: per i primi tre brani si segue pari passo la sequenza del film, per poi andare decisamente random mischiando momenti del film. Forse per una maggiore fruizione dell’ascolto?
Gli stessi brani poi sono usati diversamente rispetto alle scene del film: altro esempio di sonorizzazione fatta a montaggio non completato?
A parte tutto ciò, ci troviamo di fronte ad uno degli esempi massimi di eccellenza sonora, fatta di ricerca e cura nei suoni, un compositore allo zenit creativo e brani da storia del cinema. Come il film resta una pietra miliare della fantascienza (di cui non comprendo ancora oggi il remake) ed un’attualissima critica sociale/politica, il suo corrispettivo sonoro ne è un complemento inscindibile di valore aggiunto.
TERMINATOR – Brad Fiedel (1984)
E’ difficile oggi pensare alcuni film senza alcuni componenti fondamentali: nel caso di Terminator, uno dei fattori caratterizzanti è senza dubbio la soundtrack, elemento inseparabile dall’opera filmica, determinata a sottolineare la potenza di molte sequenze. Talvolta, anche se estrapolata dal contesto filmico, decisamente riconoscibile all’ascolto, ma allo stesso tempo poco nota la sua provenienza ai più.
Eppure il vibrante ma marziale Main Title è una delle cose più minacciose partorite in ambito sci-fi, tanto da essere ormai un trademark per gli ambiti di fantascienza apocalittica e affini. La soundtrack si dipana in trame principalmente “sintetiche” dove campionatori cercano di imitare quello che un’orchestra sinfonica farebbe (soprattutto nei climax con l’uso smodato di violini campionati), ma che di fatto proiettano la traccia audio nel futuro della musica per film dal tocco elettronico-industriale. Piacevole, al giorno d’oggi, il flavour di sonorità ormai quasi datate (l’idea di una soundtrack completamente elettronica fu più che altro per motivi di budget) ma dai guizzi e colpi di coda tali da essere imitata nei secoli a venire.
Immense comunque le composizioni, in grado di rendere chiaro l’immaginario cyber-punk che il film suggerisce, di una fredda e meccanica pulsazione metallica tra spirali infiniti di cavi e circuiti. Sia che la battaglia si svolga nel futuro o nel presente (Garage Chase), inquietante è il teatro musicale dipinto: frenetici ritmi di drum machine non lasciano scampo allo stridore di synth in vena di metallico attrito. Non mancano le pause più ariose lasciate ad un più rassicurante (ed umano) pianoforte come in Sarah On Her Bike e Love Scene.
Tunnel Chase e Factory Chase sono un’inarrestabile discesa nella disperazione del combattimento con un indistruttibile avversario, dove il fragore del finale è un’apoteosi di lancinanti sintetizzatori che delineano la (apparente) fine del cyborg tra le fiamme (Death By Fire).
Difficilmente si è arrivati a tali livelli di causticità (elettronica) sonora in ambito di soundtracks… l’unica analogia accostabile è quella con la OST di Tetsuo, di un lustro successiva, o col seguito stesso del film, con Fiedel di nuovo dietro i synth, questa volta con un suono ancor più apocalittico.